“Nella lotta contro l’invasione delle cavallette, per la stagione 2023, siamo ormai fuori tempo massimo con gli interventi di aratura dei terreni, che dovevano farsi tra la fine agosto e l’autunno. Una serie di operazioni licenziate lo scorso 11 agosto con un decreto ministeriale del Mipaaf e che dopo quasi 90 giorni sono rimaste solo sulla carta del Piano d’azione, di contrasto e di contenimento”. Lo ha detto oggi il presidente di Confagricoltura Nuoro-Ogliastra, Michele Ena, aprendo la conferenza stampa organizzata a Ottana dall’associazione di categoria agricola in collaborazione con l’amministrazione comunale per affrontare il tema dell’invasione delle cavallette che, proprio in questi territori, ha portato negli ultimi quattro anni la maggior distruzione nei campi.
“Ecco perché – ha aggiunto Ena – chiediamo alla Regione che venga nominato subito un Commissario straordinario: con ampio mandato politico; con poteri interassessoriali e che abbia una buona conoscenza della materia. C’è troppo da fare e per la prossima stagione rischiamo di avere decine di miliardi di cavallette in centinaia di migliaia di ettari della Sardegna. Qualcosa di enormemente più terrificante di ciò che abbiamo visto quest’anno”.
“I nostri associati – ha ricordato Ena – non sono solo interessati ai ristori che, se e quando arrivano, non coprono mai le perdite reali, bensì vogliono al loro fianco l’efficienza di una Regione che lavori sulla prevenzione e che invece rischia sempre di arrivare troppo tardi e a fenomeno non più arginabile. Vogliamo tutelare gli agricoltori e le comunità che popolano le zone interne oppure continuiamo a tutelare le cavallette? Fino a oggi mi pare che abbiamo garantito la sopravvivenza di queste ultime”, ha chiosato il presidente provinciale.
Sulla stessa posizione il sindaco di Ottana, Franco Saba: “Siamo arrivati a novembre, il periodo delle arature dei terreni, e quindi dell’intervento meccanico contro le ovideposizioni è sostanzialmente superato”, ha dichiarato. “Bisogna quindi sensibilizzare e sollecitare la Regione affinché faccia e diffonda tra gli imprenditori agricoli il programma di prevenzione attraverso la disinfestazione, così da poter vedere quanto prima come si vuole operare in termini di tempistica, di mezzi disponibili, di dotazione finanziaria e di quanto altro serva per poter arginare l’invasione”, ha aggiunto il primo cittadino.
Durante il suo intervento poi il sindaco Saba ha messo in evidenza come, a quattro anni dall’inizio del fenomeno, la Regione non sia riuscita ancora a rendere operativo un calendario con gli interventi di contrasto che, attraverso una accurata programmazione, possono davvero portare a buon fine le azioni. A questo si aggiunge poi la dotazione finanziaria ancora da definire, se si escludono i primi interventi di ristoro, e tutto l’aspetto normativo che rende quasi impossibile la piena realizzazione di un piano di eradicazione.
I numeri dell’invasione di cavallette
I primi esemplari di cavalletta, della specie Dociostaurus maroccanus, si presentarono in forma aggregata, e quindi dannosa per le colture, nel 2019 in agro di Ottana – ancora oggi l’epicentro dell’emergenza fitosanitaria – in un’area di circa due mila ettari. Nel 2021 si trovavano già in 32mila ettari e quest’anno in circa 60mila tra le pianure e le colline limitrofe alla piana di Ottana, di Ozieri e Benetutti. Complice una stagione particolarmente calda, le locuste hanno raggiunto i 650 metri di altitudine dove solitamente non riuscivano a sopravvivere per le condizioni climatiche non favorevoli. Si stima che nel 2023 si dovrebbe raggiungere l’apice delle presenze e della diffusione.
La deposizione delle uova avviene in aree incolte e particolarmente aride e ogni esemplare femmina può deporne da 90 a 100.
Secondo i lavori condotti in modo attento e puntuale dall’Università di Sassari, convenzionata dallo scorso febbraio con la Regione per lo studio e il contrasto delle locuste, tra la primavera e l’estate 2022 sono state depopolate circa 2 miliardi di cavallette, qualcosa come la metà di quelle presenti, con oltre 620 interventi sul campo. Se in un rapporto di uno a uno (un maschio e una femmina) fossero rimaste quindi un miliardo di femmine che hanno deposto le uova, i conti sono presto fatti su ciò che ci potrebbe attendere il prossimo anno in termini di insetti da debellare.
Cosa bisogna fare: arature, disinfestazioni e insetto predatore
Secondo la comunità scientifica le azioni più efficaci nella lotta alle cavallette sono tre: aratura dei campi, disinfestazione delle aree focolaio e utilizzo dell’insetto predatore Mylabris variabilis. Nel primo caso è necessario arare, tra fine agosto e l’autunno con profondità di 5 o 6 centimetri, portando in superficie le larve che morirebbero a contatto con l’aria. La disinfestazione interverrebbe invece più nello specifico in primavera con la schiusa delle uova nelle aree dove non si è fatta l’aratura o, specie in quei territori collinari, dove non è stato possibile intervenire con i mezzi meccanici.
Proprio in questa fase le cavallette sono di piccole dimensioni e ancora non volano: ecco perché è più facile colpirle. Ultimo strumento di contrasto è l’uso dell’insetto predatore, importato in Sardegna dal Lazio nel 1946 durante l’ultima grande invasione, e capace di ridurre enormemente le colonie delle larve.
“Per fare dei lavori mirati e dai risultati favorevoli – ha proseguito Ena – è fondamentale concentrare gli interventi nelle aree focolaio: in quei punti dove vengono deposte le uova. È inutile infatti arare enormi superfici, con dispendio di risorse ed energie, se il problema si trova solo in punti ben definiti. La mappatura di queste “zone rosse” non è stata tuttavia ancora rielaborata dagli uffici competenti: grave mancanza che si poteva superare anche grazie al prezioso contributo dei nostri agricoltori. Chi più di loro conosce le campagne e la vera dislocazione dei focolai che si possono comunicare ai tecnici della Regione? Tanto meno quindi sono state portate avanti le arature, indispensabili per questa prima fase di contrasto”, ha osservato il presidente provinciale di Confagricoltura.
Cosa non è stato fatto: gli impegni degli agricoltori
I tempi utili per le arature sono sostanzialmente andati, ma perché? “Molti agricoltori e allevatori aderiscono ad alcune misure del Programma di sviluppo rurale che aiutano le aziende nell’integrazione del reddito dopo che queste si impegnano a garantire interventi colturali sulla valorizzazione del Biologico o sulla tutela agroambientale con arature dedicate alla Difesa del suolo. Sia l’aratura e sia la disinfestazione potrebbero quindi andare in conflitto con gli impegni assunti dagli agricoltori che, se dovessero agire senza speciale deroga regionale, andrebbero incontro a una violazione degli impegni e alla restituzione dei fondi ricevuti”. Lo ha spiegato il direttore di Confagricoltura Nuoro-Ogliastra, Giuseppe Demelas, che ha aggiunto: “La Regione dovrebbe quindi, insieme al ministero, prevedere speciali deroghe così da favorire questi interventi. A oggi non è stato predisposto alcun provvedimento del genere. Così come non è stata prevista una linea finanziaria per sostenere le aziende agricole nel fare le arature (spese del carburante), o di mangimi e foraggi per gli animali che si dovrebbero confinare per diversi giorni durante le disinfestazioni”.
Demelas ha poi ricordato che “se da un lato è necessario aprire un confronto con gli imprenditori agricoli per il tramite delle loro organizzazioni, dall’altro si dovrebbe fare lo stesso con i Comuni che in diversi casi gestiscono terre pubbliche concesse in affitto ad allevatori e agricoltori. È inutile intervenire su una proprietà privata se poi il vicino “pubblico” non fa alcuna lavorazione. Così come sarebbe inutile non avviare un confronto con il Consorzio industriale di Ottana, che si estende per circa 700 ettari, fra gestione privata dei lotti e consortile delle diverse aree comuni”, ha concluso Demelas.
Il piano regionale dei ristori
Anche sul piano dei ristori previsti dalla Regione per la stagione 2020, il presidente di Confagricoltura Nuoro-Ogliastra ha precisato che sono mal distribuiti: “Non è pensabile che a chi coltiva la terra in irriguo, con enormi spese per le lavorazioni, l’acquisto delle semine e l’irrigazione dei campi vengano corrisposti 250euro a ettaro quando gli impegni economici raggiungono ben oltre il quadruplo, con la perdita poi del prodotto finale che viene divorato dalle cavallette”.
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