La notte tra l’ultima sera di ottobre e il 1° novembre in tutto il mondo è conosciuta come la “Notte di Halloween”. In Sardegna però esiste da sempre una ricorrenza locale che di fatto porta a non scomodare l’antica ricorrenza celtica, ovvero Is animeddas.

In realtà poi, a seconda delle aree, la ricorrenza assume un nome diverso: a sud si parla appunto de Is animeddas, mentre nella zona del Marghine, Goceano e Barbagia viene celebrata come Su mortu mortu, Is panixeddas e Su bene ‘e sas animas. In Baronia è Su peti coccone, e nel Logudoro si chiama A pedire a sos moltos.

Anche la scrittrice e premio Nobel Grazia Deledda ha contribuito a tramandare la leggenda, considerato che nei suoi romanzi ricorda Su mortu mortu di Nuoro, raccontando del “pane tutto intagliato e scolpito” e dei “dolci di uva passa, mandorle, noci e nocciuole, riunite da una specie di poltiglia impastata con sapa”, ingrediente base della tradizione dolciaria nuorese.

In diverse tradizioni, compresa quella sarda, questa è la notte in cui i regni della luce e delle tenebre permettono ai defunti di far ritorno nei luoghi a cui erano legati e possono vagare tra i vivi.

Sono delle vere e proprie anime sospese, come le nostre Janas, di cui si parla nelle leggende popolari dell’isola. Le fate o streghe, a seconda dei luoghi che abitano le domus de Janas, dei sepolcri scavati nella roccia e diffusi in tutta la Sardegna che risalgono circa al quarto e al terzo millennio avanti Cristo.

Per questo motivo, i bambini girano per le vie dei paesi bussando a ogni porta e recitando filastrocche tradizionali, chiedendo un’offerta per le ‘animelle’ sospese fra paradiso e inferno. Motivo per cui, non mancano i dolci tipici come il pan’e sapa o le pabassinas che vengono realizzati per la ricorrenza.

Ma perché si festeggia proprio il 31 ottobre? La motivazione potrebbe essere simile a quella che portò i celti a celebrare le loro anime dei defunti. In entrambi i casi, infatti, si prende come punto di riferimento l’anno agricolo.

Se per i celti il 31 ottobre rappresentava il capodanno con cui si inaugurava appunto l’anno agricolo, l’antropologa Claudia Zedda ha spiegato come non sia un caso che il culto delle anime in Sardegna segua il momento della semina.

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