In Evidenza Enrico Galiano: “La scrittura costruisce ponti che ci fanno incontrare”

Enrico Galiano: “La scrittura costruisce ponti che ci fanno incontrare”

È il professore che ha fatto innamorare migliaia di giovani: non c'è nessuno, in Italia, che sappia ascoltarli, leggerli dentro e raccontarli con delicatezza nei romanzi

Nel corso degli anni è diventato uno dei due professori più seguiti sui social. Se Vincenzo Schettini aiuta ragazze e ragazzi (e adulti) a capire la fisica, Enrico Galiano ha fatto innamorare migliaia di giovani con le sue storie. Non c’è nessuno, in Italia, che sappia ascoltarli, leggerli dentro e raccontarli con delicatezza, provando a far emergere i diversi lati di una generazione talvolta distaccata dalle altre.

Galiano ci riesce con la forza delle parole, sì. Ma anche con l’esempio, con fili sottili e semplici che si legano. Non capita di rado che, dopo un primo momento di esaltazione – tipica dei giovani dai 10 ai 14 anni – ci sia un lungo incedere verso l’empatia e la condivisione di un sentimento condiviso.

Come è capitato a Nicola, un ragazzino chiamato al suo fianco per raccontare il tema coraggio. Quello che manca e quello che dovrebbe esserci nei momenti cruciali della vita. Anche a costo di sentirsi dire di no. Val la pena andare incontro ai propri sogni. Non sai mai: magari possono realizzarsi. E così una platea, quella dell’Auditorium di Guasila, ammutolisce. E alla fine le lacrime o un sorriso sgorgano lenti. Qualcosa è entrato nel cuore.

Cosa rappresenta per te la scrittura?

Un atto fisiologico. Come mangiare, nutrirsi. Senza morirei. Poi una cura: le parole sono la cosa migliore che io ho – e che tanti possono avere – per trasformare il dolore. Qualcosa che non faccia più paura, che non ti domini più. Per prendere tu le redini. Per addomesticarlo. Infine la scrittura è stato un modo per incontrare le altre persone. Come dice Caparezza, “ci sono persone che quando parlano, balbettano. Ma quando gli dai una penna in mano, costruiscono mondi”. A volte la scrittura costruisce dei ponti e in quei ponti ti puoi incontrare con gli altri.

Cesare Cremonini in un canzone canta “Le parole fanno male”. Quanto possono fare bene, invece?

Le parole possono fare veramente tutto. Hanno un grande potere su di noi. Il bene e il male: sta anche a noi decidere come usarle. A volte ci sono parole che fanno male per farti bene. E a volte ci sono parole che fanno bene e poi scopri che in realtà facevano male. Il bello delle parole è questa: dipende molto da come le prendi, dalla cura che ci metti nello sceglierle. Scegliere le parole non è semplice. Lo fosse, saremmo tutti scrittori, forse.

E quanto possono fare bene alle nuove generazioni, bombardate da nuovi strumenti che spesso estremizzano fatti e concetti?

Oggi sono un’arma di difesa. Tutti noi siamo in pericolo. I libri sono come… ad esempio nel film Detachment il professore entra in classe e dice: “Se vuoi salvarti dal bipensiero, da tutte quelle cose che Orwell raccontava in 1984, leggi. Formati un pensiero tuo, un pensiero sul mondo. E così eviterai che sia qualcun altro a importi il suo”.

Quanto è importante parlare a ragazze e ragazzi?

Forse parliamo troppo ai ragazzi. Ci dimentichiamo di parlare con i ragazzi. Soprattutto di stare in silenzio noi e ascoltare che cos’hanno da dire. In questi ultimi anni ci siamo dimenticati di dare loro una voce. E quando se la sono presa un po’ con la forza, ci siamo dimenticati che il nostro dovere è ascoltarli. Dobbiamo iniziare a sederci e parlare con loro.

Felicia Kingsley in una nostra intervista ti ha ringraziato per la bella recensione che hai dato del suo ultimo romanzo. C’è una diffidenza molto forte su alcuni generi narrativi. Eppure quanto è importante leggere in un paese che legge sempre di meno?

Felicia non fa romanzi facili. Sono leggeri? Ma non facili. Dentro le sue storie ci sono temi forti, c’è molto il tema dell’emancipazione femminile. È riuscita a fare una delle cose più difficili che esistano. Cioè, parlare di cose importanti con storie leggere. Così arrivano di più. Poi il background di scrittrici come lei sono i classici, si vede. Io starei molto attento a stigmatizzare alcuni generi come fossero di serie b. Come il fantasy. Come diceva Gianni Rodari, se smettiamo di sognare il possibile finiamo per rassegnarci solo al reale. Ed è lì che muore tutto: quando ti rassegni al reale e non sogni nulla di diverso.

Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it