Il processo si è compiuto: dopo mesi di banchetti, le firme sulla ‘Pratobello 24’ sono arrivate in Consiglio Regionale. Frutto di una recente coscienza di popolo, ma soprattutto del lungo lavoro compiuto dai comitati in tanti anni. Lo ricorda Marco Pau, presidente di Su Entu Nostu, che non ha mai mancato l’impegno per la salvaguardia dei territori e del paesaggio sardo.

Così dopo l’intervista all’assessore Francesco Spanedda, Cagliaripad dà spazio ai comitati. E assieme a Pau entriamo in un mondo che è stato trascinato dal clamore mediatico di questi mesi, ma che nella profondità dell’impegno civile ha visto tante battaglie. Anche contro la speculazione energetica.

A che punto della storia della nostra isola, comitati e popolo hanno preso coscienza della speculazione energetica in Sardegna?

I comitati vengono da una lunga storia di impegno e di denuncia della predazione dei nostri beni comuni e della sopraffazione dei cittadini e delle comunità. Penso all’impegno costante negli anni contro l’occupazione militare, gli inceneritori, il diritto alla salute, il nucleare e le scorie, solo per citarne alcuni. Posso dire che i cittadini, le persone riunite in comitati, con grande senso civico sono stati e sono le avanguardie nella denuncia del peggioramento della qualità della nostra vita. Per quanto riguarda la speculazione energetica posso ricordare la battaglia del comitato “S’arrieddu” di Narbolia contro le decine di ettari di serre fotovoltaiche di quel territorio. Risale al lontano 2008. Una vicenda che ha portato quel comitato a vincere il ricorso al Tar e soccombere poi davanti al consiglio di stato, su ricorso addirittura della Ras. Oppure la battaglia giudiziaria contro l’inceneritore di Tossilo, in cui la controparte era proprio la Ras che ancora una volta l’ebbe vinta. Anche se i fatti oggi danno ragione ai comitati. Diciamo che i comitati esercitano una funzione di surroga rispetto a quella che dovrebbe essere la mission dei partiti politici. Le popolazioni partecipano a fasi alterne ed è direttamente proporzionale alla intensità della comunicazione (TV,giornali e social media).

⁠Quanto è stata importante la Pratobello 24 e la mobilitazione per dare un segnale alla Regione Sardegna?

Sicuramente è stata importante così come lo sono i comitati che, ormai sono impegnati da 2 anni con manifestazioni, sit in, proposte di legge e soprattutto assemblee in tutto il territorio regionale. Peraltro in moltissimi casi hanno costretto le amministrazioni comunali a misurarsi con la speculazione energetica. Diciamo che se la questione della aggressione delle multinazionali è oggi al primo posto della agenda politica lo si deve proprio alla azione dei comitati.

⁠Esattamente cosa chiede chi sostiene la Pratobello?

La grande partecipazione per la sottoscrizione della legge di iniziativa popolare è una risposta all’aggressione di investitori senza scrupoli. Chiedono un’ argine per fermare un’altra industrializzazione forzata che fa strage dei nostri territori, dei nostri luoghi, della nostra identità. Il 70% della energia prodotta viene da fonte fossile, il petrolio e derivati della Saras, le centrali a carbone di Porto Torres e di Portovesme. Sono note le conseguenze sulla salute delle persone, come denunciano da anni i medici per l’ambiente (Isde). Per noi la transizione si deve fare e si deve sostituire il fossile che alimenta le centrali. Il sole, il vento e l’acqua sono alternative sostenibili e disponibili.

Cosa risponde a chi dice che l’azione dei comitati e della popolazione è stata “manovrata” dal ritorno mediatico sul tema di questi mesi?

I social media hanno ampliato notevolmente la consapevolezza nelle popolazioni della necessità di difesa deli nostri territori. Anche nei più disattenti e remissivi è venuto fuori il senso di appartenenza, di identificazione. Che ci siano stati e ci siano tentativi per provare a ” politicizzare” i comitati è palese. I comitati devono mantenere la loro autonomia di pensiero e di azione. Non possono e non devono diventare appendici di partiti e/o movimenti politici già operativi oppure per così dire “in fieri”.

⁠Esistono aree idonee in Sardegna?

Sì, le superfici idonee sono presenti e devono essere individuate e utilizzate, come abbiamo detto scritto nei nostri documenti. Prima di tutto si inizia con i tetti, delle nostre abitazioni, capannoni industriali e agricoli e tutte le superfici impermeabilizzate, aree industriali, parcheggi e simili. Si inizi da queste superfici.

Secondo lei quale può essere il futuro energetico della Sardegna?

Il futuro energetico passa per una transizione che deve essere ecologica. Perciò è necessaria una attenta pianificazione, un piano che abbiamo chiamato strategico di sviluppo della Sardegna: agroalimentare di qualità, trasporti interni, valorizzazione del nostro patrimonio storico, artistico, culturale. Industrie energivore e inquinanti, oppure piccole e medie attività industriali sostenibili? Non si può prescindere da una pianificazione di questo tipo. Il futuro energetico lo si può programmare e gestire oppure semplicemente subire. Priorità va data ad un potente piano di risparmio energetico: civile, agricolo, artigianale, industriale, improntato alla riduzione dei consumi. È molto importante l’efficientamento energetico, così come lo è l’aspetto culturale: la cultura del risparmio va introdotta nelle scuole di ogni ordine e grado. L’energia meno costosa, più pulita è quella che risparmiamo. Poi piccoli distretti energetici a misura di unioni di comuni e comunità montane. Investimenti per favorire la creazione di comunità energetiche con l’ utilizzo prioritario di capannoni agricoli e industriali e/o artigianali e i tetti delle abitazioni civili. Costituzione di una società per l’energia di Sardegna che può coordinare le varie comunità energetica e i distretti energetici, peraltro può svolger un ruolo molto importante per calmierare i prezzi dell’energia del mercato libero.

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