Claudia Ortu è candidata alle elezioni comunali di Cagliari 2024 con la lista Cagliari Popolare-alternativa di classe.
47 anni, ricercatrice universitaria e giornalista pubblicista, si occupa di discorso politico nei paesi di lingua inglese e in particolare del discorso neoliberista. È coordinatrice nazionale di Potere al Popolo e attiva nel movimento di solidarietà con il popolo palestinese e in quello contro le basi militari in Sardegna.
A Cagliaripad racconta la base della sua candidatura e i progetti del suo programma per lo sviluppo della città.
Come nasce la sua candidatura?
Credo che nel dibattito pubblico manchi una prospettiva di classe e che le elezioni siano una occasione importante per intervenire nel dibattito pubblico. Possiamo avere più ascolto, non ci potevamo far sfuggire questa occasione. Quando siamo nelle piazze o proponiamo iniziative riusciamo ad avere ben poca visibilità. L’idea delle forze che compongono Cagliari Popolare (Potere al Popolo e il PCI) è questa: dare voce ad un discorso anticapitalista e di classe.
Qual è il giudizio sulla Cagliari di oggi?
È una Cagliari sporca. È difficile girare senza incappare in qualcosa per terra. Oltretutto, tutte le ultime amministrazioni hanno dimostrato una mancanza di attenzione per le classi popolari che si manifesta nel loro completo abbandono dei quartieri popolari. Non hanno fatto niente. Tutte si sono concentrate sulla monocultura della Cagliari turistica e hanno speso la maggior parte delle loro energie per creare uno scenario artificiale, utile solo per turisti e turiste che neanche si vogliono far stupire.
Quali sono le priorità del suo programma?
Prima di tutto l’abbandono della monocultura del turismo e quindi un’importante opera di ricognizione e di limitazione degli alloggi adibiti a turismo da spostare sul mercato per residenti in modo da rivitalizzare i quartieri storici e, ad esempio, dare nuovo slancio ai mercati come quello di Santa Chiara in senso popolare. Poi adattamento alla crisi climatica con un’opera capillare, creando dei punti di verde, dei rifugi climatici necessari per la nostra città, nei quali creare punti di respiro e fontanelle con acqua potabile per offrire refrigerio e benessere. Quindi la progressiva reinternalizzazione dei servizi pubblici. Per esempio, riprendere a gestire la questione rifiuti senza appalti sarebbe il modo più efficace ed efficiente di gestire un servizio, eliminando un’entità che si frappone come intermediario e incide negativamente sia sulle condizioni di lavoro e sia sulla qualità del servizio. Aggiungo: lavorare per il comune di Cagliari, direttamente o in appalto dovrà prevedere un salario minimo di 10 euro all’ora per chi ci lavora. Abbiamo già la delibera pronta. Infine, riteniamo che la città debba aderire al boicottaggio delle istituzioni e delle aziende israeliane, simbolicamente ci gemelleremo con la città di Jenin in Cisgiordania e renderemo Cagliari indisponibile all’arrivo e allo stoccaggio di qualsiasi tipo di armamento.
Cosa la differenzia dagli altri candidati sindaci?
La nostra prospettiva è di classe. È una scelta di campo ben precisa, all’interno del conflitto tra capitale e lavoro. Ci schieriamo dalla parte di lavoratrici e lavoratori, della classe lavoratrice a prescindere dalla condizione individuale di occupazione o disoccupazione. Ecco perché metto tutta me stessa nell’ascolto delle classi popolari, cercando di intercettare le loro esigenze e la loro visione del mondo. Mi interessa molto parlare con le persone. Una grande differenza forse è che sono una cagliaritana per scelta. Io sono originaria di San Sperate. Nel 2016 ho scelto di trasferirmi a Cagliari.
Diventa sindaca, la sua amministrazione da quali modelli sarebbe influenzata?
Per la direzione generale ti faccio il nome di due personalità importanti per il marxismo internazionale ma sottolineando due aspetti caratteriali più che il loro immenso contributo teorico: Antonio Gramsci per la capacità di ascolto delle classi popolari e Rosa Luxemburg per la sua attenzione alla natura e alle fragilità. Come esempio più concreto direi Ada Colau che con la sua amministrazione di Barcellona ha cercato di fare resistenza alla turistificazione.
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