Anche oggi Ilaria Salis è stata portata in tribunale con le manette ai polsi, ceppi e catene alle caviglie e una catena tirata da un agente come un guinzaglio esattamente come accaduto nell’udienza del 29 gennaio. La docente 39enne di origine sarda resta in cella: il tribunale di Budapest ha respinto la richiesta di passare ai domiciliari in Ungheria presentata dai legali.
Salis proseguirà così in carcere, come da 13 mesi a questa parte, l’espiazione della pena per l’accusa di aver aggredito due esponenti di estrema destra. La difesa di Ilaria Salis ha annunciato il ricorso in appello.
“L’ennesima prova di forza del governo Orban” ha commentato Roberto Salis, il padre della donna. “Il governo italiano dovrebbe fare un esame di coscienza. Le catene non dipendono dal giudice ma dal sistema carcerario e quindi esecutivo e il governo italiano può e deve fare qualcosa perché mia figlia non sia trattata come un cane”.
In una lettera scritta a mano, Ilaria Salis autorizza la stampa italiana a diffondere le immagini che la ritraggono incatenata.
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