È stato trovato intorno a mezzogiorno nei pressi del lago di Barcis, in Valcellina, il cadavere di Giulia Cecchettin. La ragazza era scomparsa improvvisamente sabato 11 novembre. Era stata vista insieme all’ex fidanzato Filippo Turetta: i due avrebbero litigato e poi lui, con la forza, l’ha costretta in macchina. Dopo di che si erano allontanati. A nulla sono valsi i continui appelli delle famiglie.
Il giovane è stato iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di tentato omicidio. Di lui, al momento, non ci sono tracce. Nel materiale al vaglio degli inquirenti c’è un video in cui aggredisce violentemente la ragazza. Chi lo conosceva, lo ha descritto come molto “timido” ma anche molto “morboso“. Per tanti, non aveva digerito la fine della storia.
Giulia Cecchettin è la 105esima donna uccisa in Italia dall’inizio dell’anno. Poche ore prima era stata uccisa a colpi di fucile Francesca Romeo mentre quattro giorni fa la stessa sorte era toccata a Patrizia Lombardi Vella, strangolata nel Casertano.
Secondo il report del Servizio analisi criminale della direzione centrale della polizia criminale, tra l’1 gennaio e il 12 novembre 2023 in Italia sono stati commessi 105 femminicidi. 82 donne sono state uccise in ambito familiare/affettivo e 53 di queste hanno trovato la morte per mano del partner o dell’ex partner. Rispetto ad un anno si registra un incremento.
Due anni fa, Michela Murgia su Repubblica provò a dare una definizione di cosa sia stato e di cosa sia il femminicidio. Sottolineando le tante falle del sistema italiano nel prevenire situazioni tendenzialmente pericolose.
“Negli anni scorsi ha prevalso quello securitario, con leggi apposite che intervengono però solo quando la violenza si manifesta in modo fisico o persecutorio. Al centro di questa visione c’è l’omicida o lo stalker e questo significa che, quando lo Stato comincia a occuparsene, la donna è già diventata una vittima. Nessuna o pochissime sono invece le azioni messe in atto per disinnescare alla base la cultura maschilista e patriarcale, quella che porta gli uomini a considerare le donne una loro proprietà e le donne a scambiarlo per amore”.
Per la Murgia, occuparsi della violenza e non della discriminazione significava però sempre arrivare troppo tardi. Per questa ragione il termine femminicidio non definisce solo la morte, ma anche la mortificazione delle donne. “La morte fisica è infatti possibile solo dove è già stata consentita la mortificazione civile, cioè tutte le negazioni di dignità fisica, psichica e morale rivolte alle singole donne in quanto tali e alle donne tutte nella loro appartenenza di genere”.
La scrittrice aveva spiegato, infine, che il femminicidio, prima e più di una morte, “è un processo di negazione e controllo. ‘Ti ammazzo’ è la sua conclusione e diventa qualcosa di più di una minaccia solo quando tutte le altre parole e azioni sono già state agite”.
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