In Italia il rapporto ottimale tra pazienti e infermieri è di uno a sei, ma in Sardegna sale mediamente ad un infermiere su tredici pazienti. A volte arriva addirittura anche a uno su venti. E’ solo uno degli aspetti della sanità sarda che sono stati evidenziati oggi a Cagliari durante il sit-in organizzato davanti all’assessorato regionale alla Sanità in occasione della grande mobilitazione che ha coinvolto in tutta Italia 39 piazze in difesa del servizio sanitario nazionale.
Sindacati, medici, infermieri, Oss e persino specializzandi in camice hanno protestato davanti all’assessorato per chiedere maggiore rispetto per lavoratori, pazienti e salute.
Circa 300 persone arrivate anche da Olbia e Sassari con le bandiere di Cgil, Cisl e Uil, Nursind, Nursing up, Anaao Assomed. La protesta ha interessato anche Cimo-Fesmed, Aaroi-Emac, Fassid,, Federazione Veterinari e Medici, Coordinamento area medica con l’adesione massiccia e la partecipazione anche di associazioni di pazienti e di cittadini.
Durante la manifestazione sono emerse le situazioni più disparate: genitori costretti a ricorrere alla guardia medica per una ricetta perché non c’è il pediatra, carenza cronica di posti letto, infermieri e medici, liste d’attesa chilometriche per gli esami, pazienti costretti a lunghi viaggi della speranza per una radioterapia.
Una sanità, quella isolana, alla quale la pandemia ha assestato un colpo mortale: durante il periodo del Covid sono spariti molti posti letto e mancati gli approvvigionamenti di medicine. Un livello di allarme rosso che investe più fronti: presidi sanitari sforniti di mezzi e personale, interventi chirurgici rinviati quasi senza preavviso, piani di riorganizzazione annunciati e mai realizzati.
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