Vigilia del congresso che eleggerà il nuovo segretario regionale del Partito Democratico. La partita è tra due candidati: per una migliore comprensione della sfida, Cagliaripad li ha intervistati entrambi.
Piero Comandini è un volto noto della politica sarda. Alle elezioni del 2019 è stato il secondo candidato più votato in assoluto con oltre cinquemila preferenze.
Nel suo curriculum anche la vicepresidenza del Consiglio Regionale, l’assessorato alle attività produttive della Provincia di Cagliari e all’annona mercati del Comune di Cagliari. Infine più volte consigliere comunale e regionale.
Già nel 2016, il suo nome era rimbalzato fortemente come nuovo segretario regionale del Pd a seguito delle dimissioni di Renato Soru. Al congresso del 2017 però non si presentò: si candidarono Giuseppe Cucca e Francesco Sanna.
Quando ha deciso di candidarsi a segretario regionale?
La mia candidatura prende il via dopo la sconfitta delle elezioni politiche dello scorso anno. Dove ho visto il mio partito subire una sconfitta elettorale e politica dalla destra più brutta, più becera, più pericolosa per le conquiste democratiche di questo paese. Mi sono messo a disposizione per ricostruire un rapporto di fiducia tra il Pd e la gente. Sono a disposizione per convincere le persone a votare per il mio partito. Questo mi ha portato a dire: ci sono, sono presente, lo voglio fare.
Cosa differenzia la sua proposta da quella di Meloni?
Sono riuscito a unire più anime del Partito Democratico. Giuseppe rappresenta una fetta, identitaria, importante. Ma la mia proposta programmatica di un grande partito aperto, popolare e pluralista ha aggregato quelli che sostengono Elly Schlein, tutta l’anima di sinistra di Maria Francesca Fantato. Ciò significa che già dal punto di partenza la mia proposta è più unitaria. Questo è un valore aggiunto. Evidentemente in me vedono qualcuno di capace ad ascoltare e ad unire sia all’interno del partito che all’esterno. Poi metto la passione, l’energia e le idee che in questi anni mi hanno contraddistinto come consigliere regionale.
In caso di elezione, quali saranno le prime tre azioni politiche che adotterà?
Sicuramente creare un campo largo, vasto, inclusivo, che aggreghi le forze di opposizione consiliari ed extra consiliari per creare l’alternativa alla sardo-leghista per le prossime elezioni regionali. Costruendo un programma di governo che duri dieci anni: quest’isola ha bisogno di un periodo di serenità per cui chiunque governi ha bisogno di un progetto di lungo periodo. Secondo: la creazione di una scuola di formazione politica per creare i futuri quadri dirigenti del partito e della società civile. Terzo, dovremo riappropriarci del contatto con i territori, aprendo sedi anche dove ci sono pochi iscritti.
Se dovessero chiederglielo, si candiderebbe a governatore per il Centrosinistra?
In questo momento non è una priorità. E non credo debba essere il singolo a proporsi. Ci sono moltissime persone che possono far molto bene in quel ruolo, anche meglio di me. È una carica fondamentale che arriverà dopo un lungo periodo di ascolto di tutte le forze politiche sui programmi. Non è il momento del toto nomi.
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