Il lavoro è un sogno o i sogni aiutano a lavorare? Non devono essere stati in tanti i medici ad esserselo chiesto dopo la campagna promozionale che li invitava a coronare il sogno di venire a lavorare in Sardegna. All’annuncio comparso a metà gennaio nella pagina FB istituzionale dell’Ares Sardegna, l’Azienda sanitaria regionale, che cercava disperatamente di reclutare dirigenti medici per i reparti di Chirurgia generale nelle Asl di Nuoro, Ogliastra o Sulcis, hanno risposto soltanto tre chirurghi: uno nel Sulcis e due a Nuoro.
“Cerchiamo medici sognatori: il sogno si chiama Sardegna“, recitava lo slogan dell’Ares, diventato virale sul web.
“Chissà quanti chirurghi dopo la lettura di quello slogan marzulliano e di quell’invito a sognare avranno pensato: “ci sto, il sogno si chiama Sardegna!” e avranno mandato la domanda di partecipazione – scrive su FB il capogruppo dei Progressisti in Consiglio regionale, Francesco Agus. “Già, quanti? 3. Tre. TRE. Uno nel Sulcis e due a Nuoro. Non mi stupisce: i motivi per cui alcune sedi risultino essere poco appetibili non si risolvono con la bacchetta magica, con bandi ad hoc o con la rinascita delle asl”.
“Nel mentre – aggiunge Agus – per portare avanti questa poderosa operazione di reclutamento e di comunicazione è stato bloccato sine die lo scorrimento di una graduatoria valida per la stessa specialità con 22 IDONEI (due dei quali hanno partecipato anche al secondo bando mentre il terzo ha partecipato al concorso senza essere classificato)”.
“Morale della favola: il bando bis “per sognatori” ha avuto come unico risultato il blocco per mesi (chissà ancora quanti) delle assunzioni in una specialità in cui la Sardegna è estremamente carente. Nel mentre le unità operative chirurgiche, quelle rimaste in funzione, arrancano in tutta la Sardegna per via della carenza di personale. L’unica cosa che continua a essere un sogno è il piano di contenimento delle liste d’attesa: senza nuove assunzioni sarà un miracolo portare avanti l’attività ordinaria. Nessuno guadagna, tutti perdono. Un esempio, forse uno dei peggiori, del pessimo modo di governare la cosa pubblica che contraddistingue questa legislatura”.
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