In Sardegna la povertà è in aumento. Non solo, si trasmette di generazione in generazione.
Lo rivela il diciassettesimo Report su povertà esclusione sociale in Sardegna elaborato dalla delegazione regionale della Caritas. Se a livello nazionale nel 2021 la povertà relativa è aumentata di un punto percentuale, con incrementi in tutte le aree del Paese, ma con una crescita significativa nel Mezzogiorno, nell’Isola il dato è anche peggiore.
In Sardegna l’indice di povertà relativa è passato dal 13,9% del 2020 al 16,1%, il 2,2% in più. Si tratta di circa 110mila famiglie sarde sono in grande difficoltà.
“In questi mesi a tanno crescendo le persone che ci chiedono aiuto per il pagamento delle bollette – spiega all’Ansa Raffaele Callia, delegato regionale e responsabile del Servizio studi e ricerche della Caritas regionale -. A rivolgersi agli sportelli sono per lo più giovani (tra i 40 e i 50 anni) e mentre durante la pandemia erano maggiormente donne, ora il divario di genere si è assottigliato e sono tanti anche gli uomini che si rivolgono ai nostri centri”.
La maggior parte delle persone ascoltate (il 64%) vive con propri familiari o parenti in un domicilio proprio (il 78,6%), ma il 5,3% ha dichiarato di trovarsi senza un domicilio stabile o in una situazione di estrema precarietà abitativa. L’80,3% possiede un livello di istruzione basso o medio-basso (il 52% licenza scuola media inferiore) e il 51% è in cerca di nuova o prima occupazione. I disoccupati sono soprattutto uomini (56,3%), con un’età media di 46 anni.
A colpire è la cosiddetta ‘povertà ereditaria’. “In un’epoca di scarsa mobilità sociale, come quella attuale – commenta l’arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi – essere figli di genitori poveri accresce la probabilità di rimanere poveri e di divenire in seguito genitori di figli poveri, dando vita a una vera e propria trasmissione intergenerazionale della povertà”.
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