L’aggressione alla bimba di 10 anni da parte di un giovane di 35 anni nel parchetto di via Talete, nel quartiere del Cep, a Cagliari, ha scosso fortemente l’opinione pubblica locale, che si è detta allarmata e poco rassicurata dalle istituzioni cittadine.

Da sempre il Cep è stato visto e percepito come un quartiere popolare che poco e niente aveva a che vedere col resto della città. E in effetti, fino a non troppo tempo fa, lo è stato. Le grandi “muraglie”, fatte di alti palazzoni in serie, lo contengono e allo stesso tempo lo isolano dagli altri habitat cagliaritani.

Ne sa qualcosa lo scrittore Lorenzo Scano, 29 anni di Frutti d’oro, che al Cep ci ha trascorso diverso tempo, tra i bar e i vicoli di quartiere, per studiarlo e raccontarlo dettagliatamente nel suo ultimo romanzo “Via libera” (Rizzoli, 2021).

“Ho iniziato a bazzicarlo per fare ricerche per la scrittura del mio libro. Ne sono sempre stato sentimentalmente attratto, anche grazie ai racconti di mio zio, che è cresciuto in piazza Pitagora. Talvolta racconti anche criminali del passato”, racconta lo scrittore che nel quartiere, dopo la pubblicazione, ha stretto anche molte amicizie.

“Come raccontano le cronache locali, il Cep non è più il quartiere popolare di una volta con lunghe file di tossici che si potevano vedere negli anni ’70 e ’80, fortino principale dell’eroina in città”, aggiunge Scano che tiene a precisare: “Certo, anche oggi sussistono situazioni di marginalità che sfociano poi in dinamiche micro criminali ma niente a che vedere con i numeri del passato”.

Se qualcosa va storto, però, tutti gli abitanti del quartiere son pronti a farsi avanti per difendersi a vicenda. “Si vive quasi come in un paese, dove tutti ci si conosce, ci si saluta e ci si protegge, la reazione all’aggressione alla bambina a mio avviso è stata abbastanza scontata. Gli ‘stranieri’ si notano subito: se entri in via Flavio Gioia o sotto i grattacieli di piazza Pitagora, ti sentirai tutti gli occhi addosso”, spiega lo scrittore.Le barriere sono fisiche ma anche umane”, aggiunge. Un vero peccato per un quartiere che oggi, accanto a persone che arrivano sì da un ceto sociale più popolare, è popolato anche da tanti insegnanti e dipendenti pubblici comunali e regionali.

Nonostante le “dinamiche di rivalutazione, a cominciare dal verde che ora è molto presente, e dalle attività socio ricreative aperte nel corso degli anni”, non si è ancora arrivati allo step successivo: una vera e propria integrazione con il resto della città.

“Al momento non vedo molto interesse da parte della politica a rivitalizzare questo quartiere così come tanti altri”, dice Scano senza peli sulla lingua. “Penso a Sant’Elia che forse avrà una ‘nuova vita’ con la creazione del nuovo stadio, attraverso l’indotto che si trascinerà dietro, ma di concreto ancora non c’è nulla. Ma tornando al Cep – aggiunge – servirebbero dei semplici interventi come l’abbattimento delle barriere architettoniche che lo compongono, che creano un distacco fisico tra il quartiere e il resto della città. È uno spazio soffocato che crea anche barriere umane e sociali. Poi si potrebbero anche aprire circoli ricreativi che possono richiamare anche la gente che abita fuori dal quartiere. Lo erano un tempo i campi da calcio della Sigma, che oggi sono allo sfascio”.

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