Con oltre 650mila follower su Instagram, Cathy La Torre è l’avvocata più seguita sul web. Si è fatta conoscere con la campagna di sensibilizzazione “Odiare ti costa”, attraverso cui ha portato nel dibattito pubblico il tema dei crimini d’odio e della violenza di genere online. Lei stessa è stata molto spesso insultata e minacciata per il suo orientamento sessuale e le battaglie intraprese per portare avanti i diritti della comunità Lgbtqia+.
Nella serata di ieri è arrivata a Cagliari, al Lazzaretto, dove ha presentato il suo ultimo libro “Ci sono cose più importanti” (Mondadori, 2022), in occasione della giornata d’apertura della terza edizione di Mondo Eco, festival letterario sulla sostenibilità ecologica, sociale e culturale, organizzato dal Crogiuolo sotto la direzione artistica di Rita Atzeri.
“Ogni volta che in Italia si prova a fare un passo avanti nel campo dei diritti civili o si lotta per la difesa o l’empowerment di quelle che definiamo minoranze, qualcuno immediatamente protesta: ‘Ma non ci sono cose più importanti?’”, dice La Torre. Una provocazione, che mostra come con questa logica molte, anzi moltissime, battaglie sul fronte dei diritti vengono messe in secondo piano: dal fine vita al diritto all’adozione o alla genitorialità di persone single o non sposate, i diritti delle persone Lgbtqia+, lo ius soli, la parità fra uomini e donne. Di questo ha discusso insieme a Giuditta Sireus, direttrice artistica del Club Jane Austen Sardegna, accompagnata dalle letture dell’attrice Monica Corimbi.
Partiamo dal suo libro “Ci sono cose più importanti”, in riferimento al fatto che ogniqualvolta si tratti di identità di genere la risposta è sempre la stessa. Anche da parte di chi ricopre ruoli istituzionali, a quanto pare.
Intanto mi ha colpito che poco fa la neo ministra delle Pari opportunità, Eugenia Roccella, abbia detto sostanzialmente che la questione Lgbt è secondaria rispetto a quella della parità delle donne. Perché questo significa contrapporre anche idealmente gruppi di persone, posto che tra le persone Lgbt ci sono anche donne, per esempio io. Non c’è una graduatoria di cosa è più importante.
Quindi ha sentito un po’ l’urgenza di scriverlo.
Sì questo libro nasce dalla retorica del non facciamo mai nulla sul fronte dei diritti ‘perché ci sono cose più importanti’. C’è la crisi, l’economia è più importante, così come tutto quello che non ha a che fare con i diritti delle persone. Ma la vera domanda è: poi le cose importanti le fanno? Oppure non fanno né una né l’altra?
A proposito di diritti Lgbt, un anno fa è stato presentato il Ddl Zan, che poi però è stato affossato dagli stessi esponenti del governo Conte bis, penso a Renzi in primis.
Sì il Ddl Zan affossato rappresenta un’opportunità davvero persa, perché forse per i prossimi cinque o chissà quanti anni non rivedremo certamente un decreto legge analogo, non verrà più discusso. Questo avviene mentre due giorni fa, una ragazza di 19 anni, Chiara, si toglie la vita perché era una ragazza trans e veniva bullizzata e ridicolizzata da tutto il quartiere, dalla sua famiglia e dalla scuola. Di transfobia e omofobia, ancora oggi si muore. Peccato che se ne accorgano i ragazzi e le ragazze, se ne accorgano le vittime, ma non lo Stato.
Il nuovo presidente della Camera è Lorenzo Fontana, grande sostenitore di Putin, che soltanto qualche giorno fa ha vietato di parlare di questioni Lgbt. Secondo lei, anche in Italia c’è il rischio che si passi dalle parole ai fatti, magari con una normativa ad hoc?
Mah io mi auguro che non ci sia nessun arretramento sul fronte della democrazia del nostro Paese. Oggi è il 28 ottobre del 2022, cento anni fa esatti ci fu la ‘Marcia su Roma’. Quindi già la Storia ci ha insegnato che il potere si può prendere anche sovvertendo le nostre istituzioni democratiche, anche la stampa, le radio, le Camere del lavoro. Spero vivamente che cento anni, di cui quasi venti di dittatura, ci abbiano insegnato che la democrazia è l’unico antidoto che abbiamo contro ogni forma di eversione e dittatura. E che quindi non ci sia nessun arretramento e nessuna fascinazione verso regimi dittatoriali. Quello di Putin è un regime dittatoriale, non importa che ci siano delle finte elezioni che eleggono sempre lui o qualcuno dei suoi come presidente: è uno stato dove non c’è libertà di stampa, non c’è libertà di parola, non c’è libertà di espressione. Oggi è stato licenziato un insegnante a San Pietroburgo solo perché ai suoi studenti aveva detto di essere contrario alla guerra. Vi rendete conto? Se questo non è un regime. Io trovo già sconvolgente avere la terza carica dello Stato che è affascinato da una figura come quella di Putin. Penso che chi ricopre cariche istituzionali debba essere più morigerato nel linguaggio e non utilizzare nemmeno espressioni che possano farci temere un arretramento sul fronte dei diritti e della democrazia.
Lei si occupa anche di hate speech, in particolare sull’online e nelle chat, dove i casi sono anche più difficili da ‘stanare’ per via dei messaggi crittografati. Com’è la situazione oggi?
Il tema del linguaggio d’odio in rete è molto trasversale e riguarda tutte le regioni d’Italia. Paradossalmente riguarda più le persone meno giovani che quelle più giovani, perché i secondi sono più digitalizzati e conoscono la natura dei social: sanno che una cosa fatta sui social può avere una conseguenza anche al di fuori dei social. Poi magari decidono comunque di farla, ma ne sono consapevoli. Quello che si verifica è che soprattutto nell’utilizzo di Twitter e di Facebook, che sono dei social con un’età media più alta, il linguaggio d’odio è veramente utilizzatissimo perché molto spesso le persone poco digitalmente alfabetizzate non riescono a capire che quello che si sta dicendo lì ha delle conseguenze. Quindi paradossalmente i social dove ci sono persone più giovani, come Instagram e TikTok, hanno meno frequenza di linguaggio d’odio. Possono avere però delle sfide di bullismo, come le challenge, ma quello è un altro fenomeno ulteriore: sono ‘sacche’ e riguardano più una minoranza di ragazzi e ragazze. Il lavoro sull’hate speech ha bisogno di essere fatto per tutte le fasce d’età, per tutte le provenienze geografiche e sociali. Non è che il medico settantenne, per fare un esempio, non usa un linguaggio d’odio. È come la persona poco scolarizzata che su internet diventa senza freni.
Il suo profilo è anche molto seguito per quanto riguarda la violenza sulle donne, per cui si terrà una giornata internazionale il prossimo 15 novembre. Quali sono le segnalazioni che riceve più spesso?
Sì io mi occupo da sempre di violenza di genere, e quello che emerge è che non esiste una donna che non abbia subito almeno una volta nella vita una molestia. E questo è un fatto incredibile. Quando lancio dei sondaggi sul tema, le donne che rispondono di avere almeno una volta subito nella propria vita una molestia è la totalità. Quello che mi ha potuto permettere di capire l’osservatorio che ho a disposizione – parliamo di decine di migliaia di persone -, è davvero che il tema della violenza di genere in varie forme, anche psicologica ed economica, è un tema che riguarda ancora oggi moltissime donne.
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