Elisa Galli è neuropsicomotricista e musicoterapeuta. Con Dario Masala ha intrecciato diversi percorsi e studi. Avevamo una cosa in comune: pensavano di unire il movimento alla musica. E quando è nato il progetto Swim’n’Swing è stata una conseguenza collaborare assieme.
Ai nostri microfoni, la Galli ha raccontato il suo coinvolgimento e i risultati che il metodo ha dato a bambini e adulti con disturbi dell’età evolutiva di cui ha modo di occuparsi.
Di cosa occupa all’interno del progetto?
Mi occupo di musicoterapia e psicomotricità. Ho spazio per sviluppare entrambe le mie professioni e professionalità in termini di tempistiche. Vivo e lavoro a Milano, scendo in Sardegna con una media di due weekend al mese facendo delle full immersion dal venerdì alla domenica in cui insieme a Dario e a tutti gli altri membri del progetto lavoro con i bambini e adulti con disabilità.
Che tipo di risultati sono stati raggiunti finora?
Per chi soffre di disturbi dell’età evolutiva, la musica ha un carattere importantissimo perché ha delle caratteristiche relazionali non verbali. Tantissimi nostri assistiti, soprattutto bambini, non hanno accesso al linguaggio verbale quindi l’aggancio che dà la musica è fondamentale per far sì che loro entrino in relazione con noi. Dopodiché il lavoro viene fatto prima a secco e poi in acqua, in modo da dare una lettura dei loro movimenti spontanei, del loro agire, del loro sguardo e del loro modo di fare dei suoni e tradurli in musica. Questo avviene attraverso tecniche psicoterapiche, come il dialogo sonoro e la libera improvvisazione. Stimolato da questo punto di vista, l’assistito viene agganciato. Faccio un esempio pratico: se un bambino incespica nel passo e fa fatica a camminare in modo coordinato, all’inizio cerco di creare un ritmo e una melodia che lo assecondino. Una volta che l’ho agganciato, proverò a modificare il mio lavoro musicale affinché sia un po’ più lui a seguire me e non tanto io a seguire lui. Così il bambino migliora e inizia ad avere più equilibrio. Il lavoro musicoterapico è condiviso anche attraverso il suono dei propri stati d’animo, questo crea un legame di grande fiducia e anche di supporto per le fatiche che chiaramente le persone con disabilità affrontano. Soprattutto persone che hanno disabilità secondarie come ad esempio sla oppure ictus che sono patologie che insorgono più in là con l’età.
Quanto è importante il lavoro condiviso con un team?
Sicuramente il fatto che la nostra equipe sia composta da figure professionali di vari livelli di varie formazione è molto importante. Ci dà la possibilità di rendere oggettivo qualcosa che diversamente e difficilmente sarebbe oggettivabile. C’è la possibilità di portare il progetto anche altrove in giro per l’Italia, magari con altri studi. Abbiamo avuto l’evidenza dei fatti che questo progetto è efficace e che migliora la qualità della della vita del dei nostri dei nostri bambini e adulti.
Qual è la cosa positiva di questo metodo?
La cosa positiva di questo metodo è che non è un metodo invasivo come può essere un metodo più farmacologico o piuttosto anche dei metodi molto serrati come ci possono essere nella psicomotricità, dove si educano bambini soprattutto con autismo a diventare degli ottimi esecutori a fronte però di tecniche abbastanza coercitive. Questo metodo accoglie, fa del bene soprattutto anche alle famiglie perché si crea una rete virtuosa. Ci interessa rendere il metodo replicabile altrove, per ingrandirlo.
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