“Caldo infernale, un litro di acqua (a temperatura ambiente, quindi 40 gradi) non è sufficiente per affrontare le temperature di questa estate. Troviamo persone nate in Italia che non dovrebbero stare in un CPR e che solo a fatica riescono a fare valere i propri diritti”. Così l’associazione LasciateciEntrare denuncia sui social le condizioni estreme a cui sono sottoposti gli ospiti del Centro di permanenza per i rimpatri di Macomer.
La struttura è gestita dal gennaio 2022 da Ekene Cooperativa Sociale Onlus, subentrata con una gara d’appalto alla precedente Ors Italia srl. Ben conosciuta in Veneto, dove ha controllato buona parte dell’accoglienza a partire dal 2011, la nuova cooperativa è stata oggetto di aspre critiche rispetto alla “mala gestione” dei centri di cui era a capo. Anche in Sardegna, secondo quanto riportano le associazioni che hanno seguito la vicenda, la situazione non sembra tanto differente. Già un anno fa, infatti, sia l’ASGI (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) sia LasciateciEntrare avevano denunciato le condizioni precarie in cui versavano i migranti al suo interno.
“Ci raccontano di scarse pulizie dell’area degli alloggi e dei bagni. C’è chi perde 15 chili in un solo mese – si legge nel post -. Continuano i tentativi di suicidio e di autolesionismo, chi ‘fa la corda’, chi ingerisce batterie, chi si infligge tagli. Diversi i cittadini algerini arrivati in Sardegna con sbarco autonomo che non capiscono il motivo per cui si trovano in una prigione non avendo commesso alcun reato. Persone che sono inutilmente private della libertà per 4 mesi e che, nonostante le loro richieste, per lo più non saranno rimpatriate perché il loro paese di origine, notoriamente, non è abbastanza collaborativo. Tra loro chi ha iniziato a perdere capelli per lo stress, altri, secondo quanto ci è stato raccontato, hanno ricevuto colpi di manganello per avere protestato. Toni accesi causati anche da difficoltà linguistiche”.
A luglio, da quanto si apprende nel post, si è indetta una settimana di sciopero della fame per chiedere diritti elementari. Ma c’è chi continua, anche da solo, per protesta.
“Non si tratta di una situazione eccezionale, ma delle normali condizioni di vita nei CPR – prosegue l’associazione -. I CPR non possono essere migliorati o umanizzati. La loro funzione è quella di privare della libertà e dei loro diritti gli stranieri ‘non graditi’. Quelli emarginati dalle stesse norme che impediscono loro di vivere in Italia e in Europa in maniera regolare. Si spendono ingenti risorse per tenere in piedi un sistema inutilmente repressivo e che potrebbero essere impiegate a sostegno di una vera accoglienza. Ma basterebbe abbattere gli ostacoli (normativi o dettati dalla discrezionalità delle prassi) che impediscono a persone provenienti da diverse parti del mondo di stabilirsi nel luogo prescelto per poter percorrere dignitosamente la propria strada”. Una sola richiesta: “I CPR devono essere chiusi!”.
Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it