Province Sud Sardegna Ceramica sarda, il paradosso di Guspini: “Costretti alla cassa integrazione”

Ceramica sarda, il paradosso di Guspini: “Costretti alla cassa integrazione”

Nonostante l'aumento della domanda e la produzione a chilometro zero, l'azienda isolana è in netto svantaggio rispetto alle imprese della Penisola per via del caro energia

L’aumento dei costi dell’energia attanaglia da mesi ormai le aziende sarde. In alcuni casi, la situazione diventa paradossale. Come sta succedendo a Guspini, dove ha sede la Ceramica Mediterranea spa.

“Oggi – denunciano i rappresentanti dei sindacati territoriali Emanuele Madeddu (Filctem Cgil), Lorenzo Mallica (Femca Cisl) ed Elena Dejas (Uiltec Uil) – abbiamo attivato la procedura che porta all’apertura della cassa integrazione ordinaria per Ceramica Mediterranea spa. Un’azienda che occupa 117 persone, 108 delle quali in Sardegna e che ha avviato un piano di rilancio puntando su sostenibilità e idrogeno, con investimenti per oltre 15 milioni di euro che porteranno la fabbrica da una produzione di 300 tonnellate al giorno a 450 tonnellate al giorno di ‘atomizzato’ per la produzione di gress porcellanato. Nonostante questo aspetto, e il fatto che siano in crescita le richieste di manufatti, l’azienda è costretta a ricorrere agli ammortizzatori sociali. E questo perché a pesare sui conti sono i costi energetici. Troppo elevati al punto da rischiare di compromettere le produzioni”.

“Il prezzo dell’energia elettrica – proseguono i rappresentanti sindacali – è ulteriormente cresciuto, passando, in queste settimane, da 0,5 centesimi a 0,60 centesimi al kw/h, quello del gas da 0,50 a circa 0,85 centesimi al chilo rendono difficoltosa l’attività produttiva. Nonostante il notevole valore aggiunto rappresentato dal fatto di avere le materie prime a chilometro zero rispetto alla concorrenza del polo ceramico di Sassuolo dove l’approvvigionamento dell’argilla è in prevalenza di provenienza Ucraina, ancora una volta a gravare sul sistema di produzione sardo è la mancanza di gas, combustibile necessario per far funzionare gli impianti, e i costi dell’elettricità sempre più alti”.

“A questo punto – aggiungono Madeddu, Mallica e Deja – è necessario che si attivi un percorso che possa garantire le produzioni e quindi possa salvaguardare professionalità e posti di lavoro. Non è pensabile che davanti a un’impresa che continua a credere nei lavoratori e che vuole investire risorse proprie per valorizzare le produzioni la Regione e le altre istituzioni non facciano neppure un passo. La nostra richiesta è chiara ed esplicita: si devono dare risposte e compiere atti affinché siano garantite pari opportunità con le aziende del resto della Penisola. A sostegno dei lavoratori e affinché il mondo produttivo possa avere le stesse condizioni che identiche aziende hanno nel resto d’Italia lanciamo la mobilitazione con iniziative volte a portare a soluzioni delle numerose vertenze aperte”.

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