“Quanto sta accadendo in Sardegna è una vergogna, uno scandalo. Letteralmente dimenticata dal DAP e dal ministro della giustizia, una situazione che forse accade solo nei paesi del terzo mondo: un direttore è costretto a gestire tutti gli istituti della Sardegna, 9 Carceri gestite da un solo uomo. Ma la situazione disastrosa non finisce qui: da cinque mesi il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non è stato in grado ancora di assegnare un nuovo provveditore”.
La denuncia arriva dalla segreteria regionale del Sinappe, il sindacato autonomo della Polizia Penitenziaria. “Mentre i detenuti muoiono in carcere, chi per morte naturale chi perché uccisi da altri detenuti, mentre i detenuti psichiatrici, quelli di più difficile gestione, continuano a distruggere le celle e mettere a ferro e fuoco le sezioni detentive al DAP, nessuno riesce a prendere in mano la situazione – scrive in una nota il segretario regionale Raffaele Murtas -. La cosa peggiore è che tutta questa inefficienza, inerzia, non fa altro che peggiorare le condizioni lavorative dei Poliziotti Penitenziari, che per tutti i problemi devono rincorrere un direttore onnipresente. Per poco tempo, veramente poco Il fatto di avere un capo DAP sardo ci aveva fatto sperare che qualcosa in Sardegna sarebbe cambiata, ma è bastata la prima visita nel carcere di Sassari e Uta-Cagliari per farci capire che l’unico interesse era rivolto esclusivamente alla popolazione detenuta con la quale si è intrattenuto a lungo, visitando reparto per reparto per parlare coi detenuti, mentre ha snobbato letteralmente le rappresentanze sindacali dei Poliziotti Penitenziari ormai stanchi delle condizioni lavorative. Dal Trentino alla Sicilia passando per la Sardegna (dimenticata dal DAP) i poliziotti ormai sono stremati da queste condizioni lavorative e massacrati di botte quotidianamente, quanto sta accadendo è un vero bollettino di guerra. Per queste ragioni il Si.N.A.P.Pe. proclama lo stato di agitazione verso un’amministrazione inesistente che abbandona i lavoratori tutti, i servitori dello stato, chiediamo un’inversione di marcia del sistema prima che sia troppo tardi”.
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