Prosegue la mobilitazione Cgil, Cisl e Uil per sollecitare interventi sul sistema sanitario in grave sofferenza: prossime tappe, dopo la Marcia della salute a Iglesias il 23 settembre scorso, a San Gavino il 9 ottobre e a Nuoro il 13. Le responsabilità, secondo i sindacati sono in capo al governo regionale che, con il suo presidente in testa, continua a far finta di affrontare i problemi annunciando soluzioni spot che non trovano concretezza nella realtà.
“Da tempo – hanno detto i segretari regionali Marco Grecu (Spi Cgil), Adalberto Farina (Fnp Cisl) e Rinaldo Mereu (Ur Uilp) – chiediamo all’assessore della Sanità e alle forze politiche del Consiglio di definire un piano che garantisca a tutti i cittadini efficienza assistenziale e appropriatezza delle cure, superando le disparità territoriali e le criticità aggravate con la crisi pandemica”. La richiesta è rimasta del tutto inascoltata e non si intravvede alcuna volontà concreta di intervenire su una situazione che sta minando il diritto alla salute dei sardi e rischia di provocare danni irreparabili alla salute collettiva.
La mobilitazione, che a novembre si articola nelle iniziative territoriali in due realtà sanitarie che hanno mostrato limiti organizzativi inaccettabili, proseguirà negli altri territori fino ad arrivare a una manifestazione regionale a Cagliari.
Si assiste purtroppo al peggioramento di tutte le criticità già denunciate e le situazioni vissute in ospedali come il san Francesco di Nuoro sono l’emblema di un’incapacità gestionale che si riscontra negli ospedali di quasi i tutti i territori, alcuni persino a rischio chiusura. Secondo Spi, Fnp e Uilp “è urgente invertire la rotta, intervenendo sull’integrazione tra i servizi ospedalieri e i servizi territoriali, sulle liste d’attesa, sulla carenza di medici ospedalieri e di base, così come occorre anche una riflessione sul rapporto pubblico-privato”.
I sindacati dei pensionati chiedono l’avvio di un confronto con la Giunta, soprattutto in riferimento alle ingenti risorse del piano nazionale di ripresa che “devono essere destinate alla sanità pubblica e imprimere una netta inversione rispetto alle attuali inefficienze, prevedendo anche la realizzazione di strutture socio-sanitarie di prossimità, con facilità di accesso ai servizi e continuità delle cure”.
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