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Niente più obbligo della soglia minima del 50% per lo smart working nella Pubblica amministrazione. In altre parole, le Pa saranno libere dal vincolo di tenere a casa un lavoratore su due e avranno così facoltà di decidere quanti dipendenti potranno operare in forma ‘agile’. La novità è stata introdotta nel decreto Proroghe, approvato giovedì 29 aprile dal Consiglio dei Ministri.

Il ministro della pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha definito la novità come un percorso di “ritorno alla normalità” in sicurezza, che potrà essere esercitata in attesa della definizione del lavoro agile nei contratti collettivi del pubblico impiego e non oltre il 31 dicembre 2021. La scelta di abolire l’obbligo, tiene a precisare Brunetta, “è stata concordata col Comitato tecnico scientifico”. Per quanto riguarda i comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico della pubblica amministrazione, la sua durata è legata allo stato di emergenza.

Una seconda novità è l‘abbassamento della percentuale in forma ‘agile’ di lavoratori nei Pola. Qui i dipendenti potevano avvalersi dello smart working per almeno il 60% nell’ambito dei piani organizzativi e per minimo il 30% in caso di mancata adozione dei Pola. Ora, la percentuale del 60% è stata abolita e il minimo passa dal 30 al 15%.

Le misure del decreto Proroghe sono state assunte “a condizione che l’erogazione dei servizi rivolti a cittadini e imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza, nonché nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente”. Ritardi nei disbrighi denunciati anche dall’assessore regionale al Turismo della Sardegna, Gianni Chessa, il quale, in un video che ha scatenato diverse polemiche, ha dichiarato che “i dipendenti pubblici stanno a casa, non possono essere controllati e lavorano pochissimo”. L’assessore spiega le ragioni dei ritardi nel disbrigo di varie pratiche. “L’unico piano che in questo assessorato lavora è il quarto, dove mi trovo io con il mio staff – dice – gli altri sono a casa, ecco il perché dei ritardi: non c’è il personale che fa le pratiche e a pagarne lo scotto sono i cittadini che hanno bisogno dei soldi, non certo l’impiegato pubblico con la busta paga. Altro che fare il processo alla politica e ai politici”.

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