Draghi
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Nella giornata di sabato 13 febbraio c’è stato il giuramento e il primo consiglio dei ministri del nuovo premier Mario Draghi e della sua squadra di ministri, che sono già al lavoro sui prossimi dossier da affrontare dal fronte sanitario a quello economico. Mercoledì è prevista la prima prova della fiducia dell’Aula del Senato.

Nella prima riunione dell’esecutivo Draghi ha fatto un appello ai ministri: ‘Lavoriamo insieme per far ripartire Paese.

Veniamo da storie e esperienze diverse, uniti per fase difficile’.

Superare l’emergenza sanitaria, con un’accelerazione della campagna di vaccinazione, e intanto dare fondamenta solide, con il Recovery plan, a una ripresa economica che si annuncia “lenta”. E’ la missione del governo guidato da Mario Draghi, in un momento “difficile” per il Paese. Nel discorso sulla fiducia alle Camere, il presidente del Consiglio traccerà la via, indicando le sue priorità.

Chi ha avuto modo di parlargli negli ultimi giorni prevede che lo farà, come nel suo stile, con un discorso dalle linee essenziali, breve e senza fronzoli: ogni singola parola sarà pesata nell’intervento programmatico che Draghi avrebbe già iniziato a impostare. E dovrebbe essere molto concreto, sui punti cardine dell’azione dell’esecutivo e nel segno del dialogo con il Parlamento. L’europeismo sarà, come già anticipato nelle consultazioni ai partiti, il primo tratto fondante del governo. In Ue Draghi si prepara a far valere il suo peso nella direzione di una maggiore integrazione, a partire dalla politica di bilancio, con la spinta a Eurobond permanenti, dopo l’esperimento di Next Generation Eu. In politica estera, l’atlantismo è il faro.

Giovani, ambiente, vaccini, sono altre tre parole chiave per l’ex presidente della Bce. Insieme alla “coesione sociale”. Ci sono da superare – ha osservato nei giorni scorsi il premier – cinque emergenze: sanitaria, economica, sociale, educativa, culturale.

Il piano vaccini, da accelerare seguendo il modello inglese, migliorando logistica, produzione e approvvigionamento, è il primo assillo per il nuovo premier: solo dopo aver raggiunto l’immunità di gregge si potrà rafforzare la ripartenza. La scuola è un altro capitolo difficile e centrale, con il possibile calendario prolungato e l’impegno a riempire tutte le cattedre a settembre. Turismo e cultura, poi, due settori in sofferenza da far ripartire e rilanciare. Nella impostazione di Draghi c’è la volontà di far lavorare il governo su due piani: quello delle misure immediate, a partire dal decreto che dovrà decidere come impiegare, per i ristori, i 32 miliardi in deficit autorizzati dal Parlamento; quello delle misure di più ampio respiro e lungo periodo. Occhi puntati, ovviamente, sul Recovery plan, che ci si attende sia fortemente riscritto: più fondi alla sanità, più investimenti, con procedure più rapide. E meno bonus.

Perché, come spiegato da Draghi ad agosto al Meeting di Rimini, il debito sottoscritto per la ricostruzione potrà essere “buono” se usato a fini produttivi, se sarà improduttivo sarà una zavorra sul futuro. La sostenibilità ambientale, anche nella creazione di posti di lavoro, e l’innovazione tecnologica sono le due direttrici di fondo destinate a orientare le scelte, a partire dai progetti del Recovery. La ripartenza dei cantieri e la spinta agli investimenti saranno anche il volano per aumentare l’occupazione e dare occasioni ai giovani. La prima grande emergenza di Draghi sarà sciogliere il nodo della fine del blocco dei licenziamenti a fine marzo: tra le righe del discorso in Parlamento ci si attende di leggere, se non una risposta che sarà concertata con le parti sociali, i primi indizi sulla direzione che seguirà. Al Parlamento, che gli voterà a larghissima maggioranza la fiducia, Draghi dovrebbe chiedere dialogo e confronto costante, per dare gambe forti all’azione del governo. Dal Parlamento passeranno infatti non solo il Recovery ma anche le tre grandi riforme che il premier intende portare avanti: riforma del fisco in senso progressivo, riforma della pubblica amministrazione e riforma della giustizia civile. Tre imprese enormi, che richiederanno tempo, ma soprattutto “coesione”.

I DOSSIER ECONOMICI, SUBITO LA GRANA DELL’ILVA – Sessanta giorni per chiudere l’area a caldo. Nel giorno del giuramento del nuovo governo, mentre i ministri ancora devono completare passaggi di consegne e insediamento, scoppia per l’ennesima volta la grana dell’ex Ilva. A fare da detonatore una nuova sentenza del Tar di Lecce che, respinti i ricorsi di Arcelor Mittal e della vecchia società in amministrazione straordinaria, impone di fermare le attività più inquinanti degli stabilimenti di Taranto al massimo entro due mesi. Ancora una volta il destino delle acciaierie sale in cima ai dossier più spinosi per il governo, che già nelle prossime due-tre settimane dovrà occuparsi di alcune urgenze, dalle cartelle ai ristori. Il primo banco di prova sarà infatti il nuovo decreto per distribuire i 32 miliardi di extradeficit già autorizzati dal Parlamento. Il nuovo ministro dell’Economia Daniele Franco troverà una bozza di provvedimento già in via di composizione, su cui però andranno prese alcune decisioni politiche, a partire dalla proroga della Cig Covid e del collegato blocco dei licenziamenti. Le protezioni di emergenza dei posti di lavoro, secondo i sindacati, vanno portate avanti almeno fino a quando non sarà varata una riforma degli ammortizzatori sociali che non lasci nessun settore scoperto nei momenti di difficoltà. Prime indicazioni dell’orientamento del nuovo esecutivo potrebbero arrivare dal giro di incontri organizzato dal neo ministro Andrea Orlando che, con il primo atto formale del governo, ha convocato per domenica e martedì prima i sindacati e poi i rappresentanti delle imprese. Il nodo dei licenziamenti è uno dei più caldi ma altrettanto dirompente, nel breve periodo, potrebbe essere anche l’arrivo della valanga di cartelle esattoriali sospese da un anno causa Covid: la macchina della riscossione, infatti, senza nuovi interventi, si rimetterà in moto dall’inizio di marzo. Fisco e indennizzi “perequativi” per i danni alle attività economiche sarebbero dovuti entrare nel decreto Ristori 5, candidato ad essere il primo decreto legge del governo Draghi. Ad anticiparlo potrebbe essere eventualmente il provvedimento che affiderà il ‘portafoglio’ al ministero del Turismo e che riscriverà le competenze del Mise e del ministero dell’Ambiente, da trasformare nel superministero della Transizione ecologica.