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La mancanza della grata del bocchettone di scolo nella piscina del residence di Orosei dove morì annegato il 2 settembre 2018 il bambino di Irgoli di 7 anni Richard Mulas, sarebbe stata determinante per il decesso.

E’ quanto emerso oggi nell’aula del tribunale di Nuoro dove si svolge il processo a carico dei due imputati accusati di omicidio colposo, Alessandra Gusai e Sergio Appeddu, rispettivamente proprietaria e amministratore delegato del residence, difesi dagli avvocati Basilio Brodu e Adriana Brundu. L’anatomopatologo Vindice Mingioni, nella relazione ordinata dai Pm Riccardo Belfiori e Ilaria Bradamante e depositata davanti al giudice monocratico Giovanni Angelicchio, ha confermato la morte per annegamento del piccolo. Secondo la relazione del professionista – che non è stato sentito in aula su accordo delle parti – il bambino di 7 anni mentre faceva il bagno in piscina (mentre la mamma era impegnata a lavorare nel residence) ha infilato il braccio nel bocchettone di scolo che glielo ha risucchiato impedendogli di emergere dal fondo.

Il bambino è stato estratto dall’acqua da due ospiti del residence e sottoposto per tre quarti d’ora alle pratiche dei medici rianimatori del 118 nel frattempo intervenuti ma che nulla hanno potuto fare per salvargli la vita. Il medico legale nella sua relazione ha evidenziato le “ecchimosi sul braccio provocate dalla violenta ispirazione del bocchettone”, tanto che l’ospite della struttura che ha tentato per primo di liberarlo, lo ha potuto fare solo dopo aver chiamato in aiuto un’altra persona.

“Fatale per il bambino la mancanza della grata nel bocchettone”, secondo il maresciallo Francesco Marras comandante della stazione dei carabinieri di Sos Alinos, primo teste sentito nel processo. Non solo, secondo il maresciallo “nella struttura non vi era la presenza di cartelli o scritte che segnalassero la piscina, così come mancava la presenza di un bagnino o di personale che vigilasse sulla sicurezza dei bagnanti”. Le prove della mancanza della grata nella piscina erano state cristallizzate nell’incidente probatorio disposto dal Gip Claudio Cozzella nel giugno 2019.

La mamma del bambino, Celia Nieto Herrera, una volta archiviata la sua posizione come indagata per la morte del figlio, si è costituita parte civile nel processo, insieme al marito con l’avvocato Francesco Lai. Mentre le quattro sorelle del piccolo sono rappresentate dall’avvocata Piera Pittalis. Nessuno dei familiari del bambino oggi era presente in aula, così come non erano presenti gli imputati. Il processo è stato aggiornato al 2 aprile.