I linguaggi dell’arte contemporanea sono questione troppo seria, per essere letti in maniera massimalista, nel nome della strumentalizzazione politica bipartisan. I linguaggi dell’arte non possono essere di destra o di sinistra, la loro grammatica è fatta di paradossi, iperboli, retorica e sincronizzazione con le dinamiche del tempo dove si rappresentano.
Siamo a Cagliari, quasi nel 2021, l’oggetto del contendere è quello dell’installazione presepe di fine anno a Piazza Galilei di Manuel Marotto con la collaborazione di Antonio Asara, installazione che nella messa in posa ha anche coinvolto gli operatori del May Mask di Cagliari, nel nome di una visione dell’arte tesa a stimolare senso civico e partecipazione alla vita artistica e culturale cittadine come ossatura della comunità. L’installazione ha determinato indignazione virale per l’uso e abuso di bottiglie d’acqua smeraldina, utilizzate come modulo strutturale e modulare di costruzione di una struttura estetica. La struttura è stata progettata da Manuel Marotto, ingegnere come Gustave Eifell.
Nell’esposizione Universale di Parigi, la torre dell’ingegnere Gustave Eifell, venne bollata come inutile e orribile, un pugno di ferro nell’occhio dell’armonia estetica parigina. Intellettuali, artisti e scrittori, con impetro e furia, lo stesso degli intellettuali ecologici Cagliaritani, si scagliarono contro la struttura di ferro, Guy De Maupassant diede vita a una petizione per la sua demolizione. Scientifico che accadesse, per un ingegnere è la struttura e il materiale a determinare l’opera d’arte, che la plastica resista nei millenni quanto e più del ferro mi pare un fatto poco sindacabile.
Indigna come la bottiglia di plastica smeraldina, usata da Marotto come fosse un mattone in cotto, sostenga un presepe. Perché farci riflettere in una tale dimensione consumistica, plastificata e massificata? Perché farci riflettere su come in tempi di consumismo pandemicamente a denominazione e origine controllata, e a giorni alterni, ciascuno di noi in una decina d’anni potrebbe ricostruire il suo ambiente interamente in plastica? Perché farci porre la questione che idealmente siamo proprio noi che demonizziamo quel presepe i suoi attori principali? Insomma costruiamo cattedrali consumistiche della plastiche e poi ci infastidisce il loro possibile utilizzo spirituale? L’arte è sempre divisiva e bipartisan, non so chi abbia le reali coordinate etiche per dire senza smentita che l’installazione demolisca o sostenga il popolo di Greta Thunberg.
La plastica è già prodotta, la sua produzione ovunque sotto attacco. L’utilizzo della smeraldina in chiave di marketing apre spiragli di critica creativa o sposa politiche economiche liberiste dominanti? L’arte è sempre trasversale alla politica, e attraverso di noi dice sempre la sua, io non sono un Ingegnere, ho una formazione Accademica, fossi un un ingegnere creativo, ragionerei in chiave estetica su struttura e materia in chiave estetica cromatica e di resistenza e resilienza. I linguaggi dell’arte sono un territorio di confronto aperto, forse la vera origine di tutti i sistemi culturali democratici, perché negano i propri contenuti possibili proprio quando li palesano. La smeraldina dovrebbe smettere d’imbottigliare acqua domani? Perfetto, ma qualcuno dovrebbe avvisare la Lete, la Ferrarelle, Uliveto e compagnia cantante.
45000 bottiglie sono sicuramente un’iperbole visiva, una provocazione per l’ideologia ambientalista dominante in questo momento della storia. Qualche anno fa venne attaccato Damien Hirst per i suoi animali sezionati in formaldeide, come se a ucciderli fosse direttamente lui. Che facciamo per DPCM impediamo agli artisti e alle amministrazioni comunali di raccontare il proprio tempo con i materiali che il tempo gli offre? Tutti hanno diritto all’acqua è vero, ma è anche vero l’acqua è dentro di noi linfa d’evoluzione cognitiva, d’espressione e di riflessione. La Storia dell’arte vive e si alimenta di critiche e polemiche feroci: la plastica, l’acqua e il loro abuso in questo momento della storia dell’umano, elevate a materia diffusa ci portano alla preghiera? Io prego come un falegname di nome Giuseppe qualsiasi su questo mare di plastica diffuso non solo a Cagliari, e chiedo che negli anni a venire, si sviluppi un idea dell’arte meno di plastica, che appoggi su strutture non di libero mercato, ma di pubblico rigore, studio e disciplina, che agli ingegneri creativi si affianchino sempre più artisti residenti razionali e preparati in una pubblica Accademia d’Alta Formazione Artistica a Cagliari, utopia anche in questo momento pandemico della storia.
Senza formalizzarmi sull’impatto ambientale, chiederei all’ingegnere creativo Marotto, di spingersi oltre quanto fatto sin ora, e di lavorare per progettare un’Accademia di Belle Arti a Cagliari di plastica. La torre Eiffel resistette ai populismi culturali e non venne abbattuta, proprio perché il suo progettista nel 1905, la salvò dalla demolizione promuovendone l’utilità come stazione di ricerca scientifica (praticandovi esperimenti di fisica, osservazioni astronomiche e meteo).
Questo è l’augurio che faccio a Marotto e a questa giunta, fare di Cagliari una Parigi che abbia la sua pubblica alta formazione artistica, di plastica o meno.
di Mimmo Di Caterino