Ottantaquattro anni e un’invalidità al 100% non sono serviti a un’anziana donna per farsi fare subito il tampone, arrivato 10 giorni dopo la richiesta. Ora, si trova ricoverata in fin di vita all’ospedale San Camillo di Roma. La triste vicenda è iniziata una decina di giorni fa, quando i figli, che l’accudivano, sono risultati positivi e sintomatici al coronavirus.

Per amore nei confronti del genitore, i figli si sono tutti messi in isolamento in un altro appartamento e quando la signora ha cominciato ad avere qualche linea di febbre hanno avvertito il medico di famiglia per chiedere un tampone. La dottoressa ha inoltrato subito richiesta ma del tampone nessuna traccia. Nell’ultima telefonata, risalente a qualche giorno fa, la signora non sembrava stare male. Poi il buio. Due-tre-quattro telefonate dei figli a casa della mamma ma da lei nessuna risposta. Allarmati dal silenzio hanno contattato una vicina di casa che, dopo essere riuscita ad entrare nell’abitazione dell’84enne l’ha trovata a letto esanime e con la febbre alta.

Il 118 ha soccorso la donna che è stata ricoverata al San Camillo dove il tampone ha evidenziato il contagio da Sars-Cov-2 che ha anche una grave polmonite. Adesso la signora è ricoverata in condizioni critiche. I figli non si danno pace, vogliono vederci chiaro. Vogliono sapere se l’anziana mamma si poteva salvare da questo calvario. Impossibilitati a presentare denuncia, hanno chiesto a un congiunto, un imprenditore 44enne napoletano, di denunciare tutto ai carabinieri. L’uomo, dopo essersi presento dai militari di Roma Acilia, ha chiesto al suo legale, l’avvocato Sergio Pisani, di presentare un esposto per conto dei figli e della nipote alla Procura di Roma.