Un maxi-risarcimento, con un “acconto” da pagare subito pari a 1 miliardo e 92 milioni di dollari, somma che equivale alla presunta tangente che nel 2011 Eni e Shell avrebbero versato a favore di una cerchia di politici del governo di Abuja per ottenere “senza gara” i diritti di esplorazione del giacimento petrolifero Opl-245, al largo del delta del Niger. E’ la richiesta presentata dalla Repubblica Nigeriana, parte civile nel processo milanese che vede l’attuale amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, il suo predecessore ora alla presidenza del Milan, Paolo Scaroni, altri 11 imputati – comprese le società Eni e Shell, sotto accusa per responsabilità amministrativa – imputati per corruzione internazionale.
Oltre che il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva (termine tecnico che indica una sorta di acconto da versare al termine del processo penale in caso di condanna degli imputati in attesa che un Tribunale civile quantifichi l’esatto ammontare del risarcimento) l’avvocato di parte civile Lucio Lucia, che rappresenta governo nigeriano, si è inoltre associato alla richiesta del pm di confiscare ai due gruppi petroliferi la stessa somma equivalente al presunto profitto del reato.
Il legale è convinto che la Repubblica Nigeriana abbia subito un “enorme danno patrimoniale” da quell’operazione: “La mancanza di gara ha privato la Nigeria di un’offerta competitiva”, ha messo in chiaro l’avvocato Lucia illustrando i risultati di una consulenza tecnica di parte da cui emerge il valore per i diritti di sfruttamento di Opl-245 era “almeno di 3,5 miliardi di dollari”. E che perciò il prezzo pagato da Eni e Shell, pari a 1 milardo e 300 milioni di dollari, “è stato vantaggiosissimo” per i due gruppi petroliferi. Altra anomalia messa in luce dal legale che rappresenta la Nigeria è quella che riguarda le clausole contrattuali estramente vantaggiose per Eni e Shell che di fatto ottennero “condizioni di estremo favore” per lo sfruttamento del giacimento “e la sua reddittività per i successivi 30 anni”. Le clausole contrattuali non prevedevano infatti a favore nessun profit oil a favore della Nigeria, che perciò non beneficia di nessuna percentuale sui profitti realizzati dai due gruppi in quel giacimento. Ma oltre al danno patrimoniale, secondo l’avvocato Lucia la Repubblica Nigeriana ha subito anche danni morali e di immagine. Soprattutto perchè “il reato ha alterato le condizioni economiche di mercato in materia di concorrenza” e “la corretta gestione degli affari pubblici in Nigeria, incidendo gravemente sullo sviluppo economico del Paese”.
Fonte Askanews