Sessantasette arresti in tre giorni, tre bande di narcotrafficanti sgominate: una a Sant’Elia, una nel Medio Campidano e una a Sassari. Decine di chili di droga sequestrata. E’ questo il bilancio di tre distinte indagini dei Carabinieri, coordinate dalla Dda e dalle procure di Cagliari e Sassari, che hanno stroncato un traffico di proporzioni non comuni, tanto da ‘scomodare’ perfino il Comandante del ROS, il Generale di Divisione Pasquale Angelosanto, che è arrivato a Cagliari a dirigere personalmente le operazioni. Si tratta di organizzazioni di elevato spessore criminale, in grado di movimentare dai 7 ai 10 kg al mese di cocaina ed eroina, passando da Bergamo, da Milano, dalla Malesia e dall’Olanda.
Questo quello che si è scoperto e sequestrato, poi c’è il ‘nero’, cioè quello che passa attraverso le maglie della giustizia, quella droga che va a finire nelle strade.
Stiamo parlando di quantità ingenti per una regione con poco più di un milione e mezzo di abitanti come la Sardegna. Ma evidentemente il consumo c’è. E questo traffico redditizio è in mano a bande di criminali senza scrupoli con precise gerarchie e organizzazioni. Ed è impensabile che in Sardegna entrino quantità così importanti di stupefacenti senza la regia di qualcuno. Infatti non si registrano ‘guerre’ tra bande. E questo è un dato estremamente significativo. Non c’è guerra per il controllo del territorio, come a Napoli o in Calabria, o in Puglia. Quasi come in Sicilia, la mafia non vuole su di se l’attenzione dei Carabinieri. Qui si vive tranquilli senza attirare troppo l’attenzione delle forze dell’ordine. E questa tranquillità non può che essere la normale conseguenza di chi non vuole guerre in atto. Vecchia regola non scritta e sempre efficace.
Un punto di equilibrio potrebbe essere garantito proprio quel qualcuno che ora è in fuga e può contare su una vasta rete di protezioni, non solo di compari e soci barbaricini. Graziano Mesina è alla macchia da oltre una settimana per la sentenza della Cassazione che conferma la condanna a 30anni di reclusione proprio per traffico internazionale di stupefacenti. C’è da pensare (in positivo naturalmente) che una delle strategie che stanno seguendo le forze dell’ordine sia quella di far terra bruciata attorno al bandito che è passato dalla balentia ‘de istudare unu lampione’ al traffico internazionale di droga passando per i sequestri di persona. Fargli terra bruciata attorno non significa solo mettere telefoni, parenti e compari sotto controllo, ma sgominare le bande di narcotrafficanti. Ed è proprio quello che sta accadendo in questi giorni.
La Sardegna già da alcuni anni è alla ribalta per l’ingente produzione di ottima marijuana. Dal finire della primavera all’autunno è un continuo scoprire e distruggere campi di marijuana, guarda caso, in Barbagia, in Ogliastra e in Gallura, (ora anche in Campidano) territori dove potenzialmente un bandito può contare su numerosi agganci e protezioni. Ed anche in quest’innovativo campo dell’agricoltura alternativa non si registrano guerre tra bande. Eppure sarebbero ‘normali’ per il controllo di un mercato milionario come quello dello spaccio. Niente bombe, niente pistolettate, niente di niente. Naturale dunque pensare che ci sia un punto di equilibrio garantito da qualcuno.
A Cagliari non si spara più dai tempi della banda di Is Mirrionis (se non in rarissimi casi subito stroncati), in Barbagia si sono diradate persino le faide. Ed è altrettanto vero che la delinquenza legata al mondo dei sequestri si è riconvertita velocemente al più remunerativo e meno rischioso traffico di stupefacenti. Un’evoluzione criminale che segue il calcolo del rischio e del profitto: dall’abigeato al sequestro di persona al traffico di droga secondo lo schema “le pecore belano, gli uomini no, la droga è addirittura muta”.
Oggi ci si domanda: e se quel punto di equilibrio viene a mancare?
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