Più videochiamate e meno colloqui di persona. In Sardegna la ripresa dei colloqui visivi tra detenuti e familiari, avviata l’11 maggio scorso per un massimo di 60 minuti, al momento non incontra particolari favori.

“Familiari e detenuti, anche in considerazione delle forti limitazioni anticontagio, sembrano preferire le video chiamate – spiega Maria Grazia Caligaris, esponente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme – Nelle prime due giornate dei colloqui visivi il numero delle adesioni è stato irrisorio”.

“A Cagliari-Uta – riferisce – solo una ventina di persone ha incontrato i parenti, a Massama, Sassari e Nuoro, una decina. Anche nelle colonie penali le richieste per ora sono state davvero rare”. Secondo Caligaris a scoraggiare gli incontri sono “le oggettive difficoltà a poter fruire dei colloqui visivi. I familiari ritengono sia meno dolorosa una videochiamata piuttosto che una visita ai propri cari, dopo mesi di distacco, con mascherina, senza poter avere un contatto fisico, mantenendo una distanza di un metro e con un divisorio in policarbonato. Ciò soprattutto quando la persona privata della libertà è affetta da problemi psichici e sente come indispensabile una stretta di mano e un abbraccio”. “Il fatto poi – sottolinea infine l’esponente dell’associazione – di poter incontrare solo un parente adulto alla volta impedisce di avere contatti con i figli minori. Mamme o papà rischiano così di allontanarsi ulteriormente dai loro bambini”.