“Gli errori contenuti nell’ordinanza regionale n.20 rischiano di vanificare gli sforzi delle imprese che in queste ore si stanno organizzando per la riapertura come i saloni dei parrucchieri, gli estetisti, i tatuatori, i negozi di abbigliamento e di calzature, le gioiellerie e le profumerie (che non hanno mai chiuso ma inspiegabilmente sono state incluse in questo elenco)”. Sono le parole di Francesco Agus, capogruppo “Progressisti” e componente della Commissione VI del Consiglio regionale rivolte alla Giunta Solinas.
L’11 maggio – spiega Agus – ai sensi dell’ ordinanza pubblicata il 2 Maggio, queste attività potrebbero riaprire con discreto anticipo rispetto a quanto stabilito a livello nazionale. Questa condizione è però subordinata alla promulgazione di un’ordinanza comunale possibile solo nel caso in cui l’indice di trasmissione del contagio R(t), calcolato nel comune sia inferiore a 0,5. La Regione per questo si è impegnata a pubblicare, per tutti i comuni della Sardegna, una tabella analitica, “aggiornata con cadenza giornaliera” entro Venerdì 8 maggio. Ed è qui che sta il problema: si tratta di un valore difficilmente calcolabile e che necessita di una gran numero di casi analizzati. Non solo: lo stesso indice può essere ottenuto utilizzando metodi di calcolo molto diversi ed avendo risultati enormemente differenti. Il che lo rende totalmente inutilizzabile per uno scopo come quello previsto dall’ordinanza che di fatto confonde un indicatore statistico con una quantità determinabile esattamente con un apposito strumento di misura”.
“Sarebbe come pretendere – scrive ancora il consigliere di opposizione – di utilizzare come parametro per la concessione di un aiuto economico l’andamento dell’inflazione o del PIL calcolato quotidianamente comune per comune. Una follia. La conclusione, senza una modifica dell’ordinanza, sarà una sola: niente R(t) calcolato su base comunale, niente ordinanza dei sindaci, niente possibilità di apertura anticipata”.
Ci vuole rispetto per il lavoro e serietà nell’azione” conclude Agus. “Il rischio è che centinaia di piccole aziende spendano centinaia di euro per sanificare i locali e dotarsi dei dispositivi di protezione, richiamino i dipendenti dalla cassa integrazione, prendano appuntamenti e poi, al momento di tirare su la serranda, siano costrette a rimandare l’auspicata ripartenza per giorni o settimane. Ho scritto al Presidente della Commissione Sanità di cui faccio parte per affrontare il tema celermente e individuare una soluzione rapida”.