“Lo hanno affisso dalle prime ore di stamane nei portoni d’ingresso dei presidi ospedalieri della Sardegna. Un proclama minaccioso scandito da un “divieto assoluto” a parlare. Un divieto rivolto a medici, infermieri, oss, e chissà a quant’altri. Ordine di tacere, di non lamentarsi, di non segnalare le nefandezze della gestione di questa emergenza. Dovete tacere, parla solo il padrone”. Lo scrive Mauro Pili, leader di Unidos, commenta così le nuove disposizioni della Regione Sardegna sul coronavirus.

Roba d’altri tempi, tempi bui, dove bisognava nascondere fatti e misfatti, nascondere dati, nascondere negligenze, impedire di sapere. In queste settimane in tantissimi, da ogni angolo della Sardegna, mi hanno chiesto di far sapere quello che accadeva dentro gli ospedali, la carenza assoluta di mezzi e strumenti fondamentali per fronteggiare l’emergenza ma non solo. Notizie dirette e in tempo reale. Per informare, per comunicare, per allarmare. Si, per allarmare. Per far comprendere la gravità del momento e non prendere sottogamba niente. Se si chiude un reparto in qualsiasi ospedale della Sardegna per un sospetto caso di coranavirus, quella notizia va data, subito, senza perdere tempo. La si deve verificare, certo, e sino a prova contraria ogni volta che ho scritto di un reparto chiuso il fatto non è stato mai smentito”.

La ricetta di Mauro Pili

“E’ una notizia – scrive in una lunga nota il leader di Unidos – che andava e che va data per tre ragioni fondamentali: informare, comunicare, allarmare. Primo, se si chiude un reparto è una notizia! E la prima regola dell’informazione è dare notizie. Secondo, se si chiude un reparto per sospetto coronavirus bisogna comunicarlo per rendere un servizio. Per evitare di recarsi in un luogo dove il servizio è sospeso. Comunicarlo a coloro che ignari potrebbero incorrere in un ingresso maldestro in un luogo potenzialmente pericoloso sino alla conclusione delle verifiche in corso. Terzo, se si chiude un reparto per sospetto coronavirus bisogna allarmare. Bisogna suonare le sirene. Per fermarsi. Per attendere. Per non fare passi azzardati. Per far capire che non si sta scherzando. Se si chiude un reparto non si sta giocando a mosca cieca! Si sta attendendo un risultato fondamentale per la sicurezza ed è giusto saperlo. Senza se e senza ma. Ora, invece, secondo questo assessore senza vergogna, uno che non distingue i quattro mori dal simbolo di alberto da giussano, dovremo tutti stare in silenzio per non disturbarlo. Mi faccia il piacere. Uno che il 26 di febbraio dichiarava, facendo ridere il mondo, che aveva pronto un piano per gestire la quarantena di 110 mila persone. Sì, 110.000! 6 campi di calcio di serie A. Pieni! Tutti in quarantena e lui, con la sbruffoneria del sacente bauscia, che annunciava la proverbiale macchina da guerra pronta a elargire servizi e assistenza. Peccato che non è riuscito a governarne una decina di casi di quarantena, non 110 mila! Potrei citarne a iosa di casi di poveri cittadini abbandonati a casa senza una sola certezza, senza assistenza e senza tampone. Dovremo, dunque, tutti uniformarci alle sue “bombe” da 110.000 in quarantena?”.

“Serve un’informazione che denuncia, che vigila, che informa”

“Avremo dovuto credere – si legge nel comunicato – a quelle affermazioni che parlavano di mascherine e presidi di protezioni abbondantemente sufficienti per governare l’emergenza? Suvvia, quella è l’informazione velina, propaganda da quattro soldi. Bisogna avere il coraggio di denunciare,anche nella consapevolezza che qualcuno si può dispiacere. Denunciare, avvertire, informare, a volte può significare prevenire e rimediare! Stare in silenzio è da complici, da vigliacchi, da servetti di quel potere che minaccia e compra tutti! Potete farlo con molti ma non con tutti! Quel foglietto affisso nelle bacheche degli ospedali per quanto mi riguarda è carta straccia. Per quel che potrò continuerò a dar voce a chi non ce l’ha, a coloro che se la vedono negata da un sistema che vorrebbe imporre le proprie veline da quattro soldi e quattro sms da due righe! L’informazione è altro. Bisogna far sapere tutto quello che sta succedendo e perché sta succedendo. Per quale motivo non sono stati fatti i tamponi nelle situazioni più critiche generando il disastro di Nuoro, di Sassari e poi di Cagliari, di Tempio e via dicendo. Quei tamponi che costituivano l’elemento base per scoprire, individuare e arginare la proliferazione del virus, in molti casi da un ospedale all’altro! Secondo costoro nessuno doveva raccontare la verità ma tenerla nascosta, negare l’evidenza per coprire la negligenza e la disastrosa gestione politica di questa emergenza. E ancor oggi queste mie parole non vanno intese come polemica, che ci starebbe tutta, sia chiaro, ma come severo monito per non continuare su quella strada”.

“Un’informazione che denuncia – conclude Mauro Pili – che vigila, che informa è fondamentale per la società, decisiva nelle emergenze! Troppi silenzi e nefasti bavagli sono complici di un disastro annunciato! Informare, comunicare, allarmare! A volte salva la vita! E ognuno, con la propria coscienza, fa quello che ritiene giusto fare. Ai medici, agli operatori sanitari date mascherine e protezioni, non bavagli”.