Un omicidio “consumato con violenza inaudita”, “preorganizzato” ed “espressione di un impulso spropositato rispetto al bieco movente”. E’ il passaggio più forte delle motivazioni della sentenza con cui il tribunale dei minori di Cagliari ha condannato a 16 anni di carcere i due giovanissimi di un branco di cinque per l’uccisione di Manuel Careddu, il 18enne di Macomer massacrato a colpi di piccone e badile l’11 settembre 2018 sulle sponde del lago Omodeo e poi sepolto in un terreno di Ghilarza, dove venne scoperto un mese dopo il delitto. Il verdetto risale al 5 luglio scorso e oggi gli avvocati difensori hanno potuto leggere le 167 pagine di motivazione scritte dalla presidente del tribunale Michela Capone, affiancata dai giudici onorari Marzia Mameli e Mario Meloni.

“Un omicidio preorganizzato da cinque persone – si legge -, espressione di un impulso sproporzionato rispetto al bieco movente”.Un movente “accompagnato da subdole modalità, approfittando del giovanissimo Manuel, trascinato con l’inganno in un luogo isolato e di notte per neutralizzare qualsiasi possibilità di scampo per un soggetto già in svantaggio personale. Un omicidio consumato con violenza inaudita e per la cui impunità gli imputati si sono determinati alla soppressione del cadavere, vilipeso e trattato come pattume, con lesione del diritto dei congiunti di disporre del corpo di Manuel per dargli la degna sepoltura”. “Gli imputati – si legge ancora nelle motivazioni – hanno manifestato un’allarmante tendenza a porre in essere comportamenti scellerati pur di conseguire obiettivi abietti. Entrambi hanno perso i valori fondamentali, il senso di rispetto per la vita e la pietà per la morte. Sguarniti di empatia, sin da principio, hanno avuto assoluto distacco emotivo: vanno ad ammazzare mentre mangiano pizzette, bevono coca-cola, fumano una sigaretta, chiacchierano, come se uccidere un coetaneo fosse un diversivo ordinario in una serata qualunque e, progressuvamente, sono apparsi sempre più immuni alla sofferenza e al dolore altrui”.

I due minorenni “insieme a Christian Fodde (già condannato all’ergastolo, ndr), sono coloro che hanno, subito dopo la visita di Manuel a casa della ragazza, nel primo pomeriggio dell’11 settembre, ideato l’omicidio del giovane, ne hanno predisposto l’organizzazione, raccogliendo mezzi e persone e così hanno contribuito all’atroce assassinio di Manuel, delitto consumato materialmente da Christian Fodde”. E’ un altro passaggio delle motivazioni della sentenza di condanna a 16 anni per i due ragazzi accusati del delitto di Manuel Careddu. “E’ emerso dagli atti – scrive il tribunale – che l’intento degli imputati e dei complici fosse quello certo di far sparire il cadavere di Maunel e sottrarlo, per sempre, alle ricerche altri, per garantirsi l’impunità”. Nelle carte viene chiarito anche il movente: Manuel aveva ceduto un etto di droga “sulla fiducia” alla ragazzina un mese prima dell’omicidio, sollecitandone poi il pagamento sino alla decisione dell’agguato. La giovane, unica donna del gruppo e fidanzata di Fodde, “risulta avere avuto un ruolo di rilievo”, si legge nelle motivazioni.

A colpire a morte Manuel Careddu è stato solo Christian Fodde, già condannato all’ergastolo, con una piccozza prelevata poco prima dalla sua Fiat Punto e occultata sotto la felpa. Lo aveva confessato lui stesso e ora la dinamica del delitto viene riportata anche nelle motivazioni della sentenza di condanna inflitta ai due imputati minorenni. “Mentre Manuel gli camminava a fianco – scrivono i giudici – Fodde aveva preso il picco, facendo una giravolta su se stesso per non fargli vedere l’arnese, e con il picco lo aveva colpito da dietro, al lato della testa. Manuel era caduto a terra, non aveva urlato, ma era riuscito a pronunciare solo poche parole (…mi ha infamato Sara…)”. “Riccardo Carta, lì presente, aveva tenuto il Careddu a terra, afferrandolo per il collo. Fodde, a suo dire, aveva chiesto al minore di legare le mani di Manuel, ma poiché esitava, lo aveva fatto lui: aveva preso una fune dal cassone dell’Ape, parcheggiata lì vicino, e aveva legato prima le mani tra loro e poi i piedi alle mani. Aveva prelevato quindi una pala, sempre dal cassone dell’Ape, e aveva colpito il ragazzo più volte, dall’alto verso il basso, mirando alla testa. Era stato solo lui a colpirlo”. Nel frattempo la fidanzatina di Fodde, che aveva fatto da esca a Manuel per farlo cadere in trappola, aspettava in auto.

“In questa tragedia gli imputati hanno pure riso, cantano, scherzano, hanno continuato a fare una vita normale, a riunirsi, a drogarsi, a fingere che nulla fosse accaduto, sicuri di poter ingannare anche gli inquirenti”. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna nei confronti dei due minorenni per l’omicidio di Manuel Careddu. Il tribunale si sofferma sulla “mancanza di regole elementari e l’assorbimento di quelle tipiche della logica criminale” riscontrate nei due ragazzini.

“Rispetto al grado di partecipazione concorsuale non c’è differenza tra i due – chiarisce la sentenza – entrambi hanno rivestito nella vicenda posizioni di pari importanza. La ragazza ha assunto un ruolo infungibile anche sul piano causale: è lei che aveva con Manuel un rapporto qualificato dall’amicizia da anni e dagli interessi nel traffico di stupefacenti. E di lei Manuel, che poco o nulla conosceva degli altri, si è fidato, cadendo nel tranello ordito dai suoi aguzzini”. L’altro minorenne, invece, “ha condiviso il piano omicida sin dalla fase dell’ideazione, si è impegnato concretamente per il suo avvio. La sua attività concorsuale non è mai stata marginale: il suo contributo ha agevolato la progressione del piano criminoso e la sua compiuta realizzazione, con lo strazio del corpo di Manuel, uno scempio cui ha anche materialmente contribuito”.