Tre dirigenti della Syndial sono indagati per disastro ambientale e gestione di discarica abusiva di rifiuti pericolosi nel sito industriale di Porto Torres. I carabinieri del Noe di Sassari, guidati dal colonnello Giorgio Sanna, hanno notificato ai tre l’avviso di chiusura indagini e informazione di garanzia emesso dalla Procura di Sassari al termine di una lunga serie di indagini iniziate nel 2015.

Si tratta del responsabile degli interventi ambientali per l’area Sardegna, Gianluca D’Aquila, 48 anni, e dei due procuratori speciali Luigi Volpe, 60 anni e Francesco Misuraca, 54 anni. L’accusa contro i tre dirigenti è quella di aver realizzato e gestito nella citata area, dal 2011 al giugno 2015, una discarica non autorizzata di rifiuti speciali pericolosi (scorie da fosforo), cosi commettendo un fatto diretto a causare un disastro ambientale, dal quale poteva derivare un pericolo per la pubblica incolumità, consentendo anche lo sversamento nella falda e sul terreno delle acque di dilavamento.

L’indagine dei Noe, coordinata dalla Procura sassarese, era iniziata quattro anni fa, quando i militari avevano scoperto un’area di quattro ettari adibita a discarica di rifiuti speciali pericolosi, con scarti di processi chimici del fosforo e scorie fosforose con presenza anche di radionuclidi naturali, all’interno dello stabilimento Syndial di Porto Torres. La zona era quella denominata “palte fosfatiche” ed era stata messa sotto sequestro preventivo. Nell’area interessata sono in fase di conclusione le opere di bonifica disposte dalla Procura subito dopo i sigilli all’area.

La posizione dell’Eni sulla questione:

“In merito alle notizie di stampa relative all’indagine dei Carabinieri del Noe di Sassari riguardo all’area industriale di Porto Torres, Syndial (Eni) ribadisce la propria totale estraneità e quella dei propri dirigenti coinvolti, per tutte le ipotesi di reato prospettate dalla Procura della Repubblica di Sassari che vedono al momento contestati i reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata, di disastro ambientale e getto pericoloso di cose e per i quali la società sarebbe indagata”. E’ la precisazione dell’Eni a seguito della chiusura delle indagini che vede coinvolti tre dirigenti della Syndial.

“Le condotte oggetto di indagine – spiegano dall’Eni – sono riferibili a passate gestioni, certamente precedenti al subentro di Eni e di Syndial nella proprietà del sito e certamente non attribuibili all’operato della società o di suoi dipendenti. Le indagini poste in essere dall’azienda escludono la presenza di una situazione di rischio ambientale sia nell’area in questione, sia nelle aree limitrofe. Si precisa, inoltre, che l’area oggetto di indagine rientra nel Progetto operativo di bonifica ‘Progetto Nuraghe – Fase 2’, attualmente in fase di istruttoria funzionale all’emanazione del decreto di autorizzazione definitivo da parte del Ministero dell’Ambiente”.