Oltre milleduecento rifiuti ogni cento metri di spiaggia. Soprattutto plastica (94%), seguita da vetro e ceramica (4%), quindi metallo e da altre frazioni minori (1%). Sono i risultati in Sardegna dell’indagine Beach Litter 2019 di Legambiente sulla base di conteggio ed esame della spazzatura depositata sui litorali secondo un protocollo internazionale sviluppato nell’ambito dell’iniziativa MarineLitter Watch dell’Agenzia Europea dell’Ambiente.
Cinque le spiagge monitorata nell’Isola con 6.187 rifiuti scovati in un’area di 9.200 metri quadrati. Secondo Legambiente la causa principale è la cattiva gestione dei rifiuti urbani, insieme alla carenza dei sistemi depurativi, che è responsabile del 24% degli oggetti ritrovati (la media nazionale si attesta sull’8%). Le attività di pesca e acquacoltura sono colpevoli dell’8% della spazzatura monitorata contro il 7% del dato nazionale: reti, lenze, scatoline di esche non solo di pescatori professionali ma anche amatoriali.
Ai primi posti della top ten dei rifiuti ci sono cottonfioc e bastoncini di plastica, ma anche tappi, coperchi, anelli e oggetti in genere di media grandezza: solo queste tre tipologie rappresentano circa il 60% dell’immondizia presa in esame. Non mancano ovviamente reti o sacchi per mitili o ostriche (calze); posate, piatti, bicchieri e cannucce di plastica; bottiglie di vetro o frammenti; buste, shopper, flaconi e contenitori di cosmetici. Il fondo del mare custodisce al pari della sabbia, delle alghe e delle conchiglie, quantità di plastica inimmaginabili.
“Dobbiamo prendere atto del fallimento del nostro modello di produzione, consumo e gestione del rifiuto – afferma Annalisa Colombu, presidente di Legambiente Sardegna, che insieme ai tanti volontari porta avanti le campagne di pulizia dei litorali, prossimo appuntamento il 25 e 26 maggio – E’ urgente prendere coscienza dell’attacco dell’uomo all’ecosistema marino e cambiare rapidamente rotta”. Appello ai cittadini ma anche alla Regione “per rimuovere le migliaia di tonnellate di rifiuti spiaggiati che i Comuni non hanno le risorse umane ed economiche per affrontare”.