“Il lupo resta un simbolo, la caccia è finita quel giorno. Già quando sono tornato a casa dopo la sparatoria, per cercare la bandiera tricolore, mi sono sentito svuotato, esaurito. Tutto si era compiuto. Ma se sei lupo, lo rimani per sempre”, dice Luca Traini, l’estremista di destra che un anno fa a Macerata prese a bersaglio i neri, sparando e ferendo 6 persone. In un’intervista dal carcere all’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro, dice di essere pentito, “e non da oggi”.

Parla di cosa l’ha mosso quella mattina. Voleva essere “il vendicatore”: “È stata come un’esplosione dentro di me”, “per me gli spacciatori avevano ucciso Pamela, e gli spacciatori erano loro, i negri. Li chiamavo così. Oggi li chiamo neri. Poi, in questi mesi passati in carcere, ho lentamente capito che gli spacciatori sono bianchi, neri, italiani e stranieri. La pelle non conta”.

“Tutta la mia ideologia politica, Dio, patria, famiglia, onore, ha pesato in quel mix esplosivo – aggiunge -. La tragedia di Pamela ha fatto da innesco”. “L’odio – dice – non nasce per caso, è frutto di tante cose, anche di politiche errate, a danno sia degli italiani che degli immigrati”. Incontrerebbe le persone a cui ha sparato per chiedere scusa: “ho già chiesto scusa durante il processo. Io sono pronto”, conclude.