Duecento pensionati in piazza a Cagliari contro la Manovra del governo in concomitanza con analoghe manifestazioni nel resto dell’isola e d’Italia. Con bandiere e volantini si sono ritrovati davanti alla prefettura anche per affidare una lettera da consegnare al presidente del consiglio dei ministri Francesco Conte. La richiesta è quella di un’apertura di un confronto su sanità, non autosufficienza, previdenza e fisco.

“Riteniamo inaccettabile – si legge nel documento firmato Cgil, Cisl e Uil – il metodo che fa cassa con il taglio dell’adeguamento all’inflazione per le pensioni sopra i 1.522,00 euro lordi al mese e altera il principio di uguaglianza e ragionevolezza causando una discriminazione in danno a una parte dei pensionati ai quali la decurtazione determina, in termini reali, effetti permanenti di peggioramento della pensione”. Una situazione che tocca da vicino anche i circa 300mila pensionati sardi che percepiscono in media tra gli 800 e i 680 euro. “Ma non dimentichiamo – spiega all’ANSA Maria Bonaria Atzori, segretaria territoriale Cisl – che tanti vivono con 500 euro di pensione”.

“E che in una terra storicamente con poco lavoro femminile sono ancora tante le donne che percepiscono giusto duecento euro di reversibilità”, aggiunge. Rivendicazioni soprattutto di carattere nazionale. “Si continua a parlare – spiega Marco Grecu, segretario regionale Spi Cgil – di garanzie del potere di acquisto, ma evidentemente non è così. Noi chiediamo che l’aumento delle pensioni sia indicizzato al costo della vita. Questo accade solo in minima parte con una ricaduta di appena dodici euro all’anno”. Ma quello che fa davvero paura sono – spiegano i sindacati – i tagli agli enti locali. “In Sardegna – dice Rinaldo Mereu, segretario regionale Fnp Cisl – 26.690 famiglie hanno usufruito del Reddito di inclusione sociale. Domani ci saranno ancora? In questa manovra recessiva non si affrontano i problemi ma assistiamo al peggioramento dei territori più deboli”.