Alla base di tutti i movimenti indipendentisti europei ci sono due matrici comuni: da un lato, un’identità culturale con solide basi storiche e linguistiche e, dall’altro, la necessità di lottare per una componente di natura economica. È quanto è emerso sabato al Villino Ricci, nel corso della conferenza internazionale organizzata dall’Istituto Camillo Bellieni in collaborazione con la Coppieters Foundation di Bruxelles, per parlare di “Idee e protagonisti dell’indipendentismo europeo” assieme ad attivisti, esperti internazionali, politici e amministratori.

Un incontro molto partecipato, introdotto dalla presidente Is.Be Maria Doloretta Lai, e moderato da Attilio Pinna e Salvatore Taras, nel corso del quale sono venuti a galla interessanti stimoli e punti di contatto tra Galles, Corsica, Fiandre, Veneto e Sardegna. La tendenza di tutti è quella di costruire un indipendentismo sostanzialmente trasversale ed inclusivo, in un’Europa ripensata dai popoli, non dagli Stati né dalle banche, nella consapevolezza che occorra slegarsi da dinamiche isolazioniste per riuscire ad appropriarsi della responsabilità di governare.

Alan Sandry dell’Università di Swansea ha evidenziato il grande fermento presente nel Regno Unito, non solo in Scozia, ma anche in Irlanda, Galles e Cornovaglia, e ha illustrato la possibilità di nuovi scenari in vista della Brexit.

Antonia Luciani, dalla Corsica, ha portato l’esempio del grande successo del 2014, quando gli indipendentisti hanno raggiunto il 56 per cento dei consensi: “Un impressionante risultato elettorale, ottenuto anche in seguito all’accantonamento della lotta armata”. Prima dell’indipendenza però, il sogno è arrivare all’Autonomia, condizione invidiata alle altre isole del Mediterraneo, pur nella consapevolezza che, almeno nel caso della Sardegna, non abbia portato a risultati concreti per il benessere della popolazione.
Ettore Beggiato ha esposto l’esperienza della “questione veneta”, una realtà economica non rosea come si sarebbe portati a pensare. “L’emigrazione – ha spiegato l’ex consigliere regionale veneto – è un fenomeno che abbiamo conosciuto drammaticamente ben prima del Sud Italia, mentre oggi la crisi miete vittime ogni giorno”. Non ha nascosto l’ammirazione della Sardegna per il forte spirito identitario e per i vivaci fermenti culturali.
Giunto dall’Università di Anversa, Vincent Scheltiens ha analizzato la politica indipendentista fiamminga, facendo una comparazione storico-politica con la recente esperienza catalana. I presupposti storici dell’indipendentismo sardo, a partire dalle figure di Angioy, Bellieni e Simon Mossa, sono stati illustrati a più riprese da Michele Pinna e Antonello Nasone, che hanno evidenziato come il movimento delle origini non usasse mai la parola indipendenza, ma quelle di autogoverno e autodeterminazione. Su posizioni più integraliste l’intervento di Bainzu Piliu, secondo il quale può esistere una forma sola di indipendentismo, quello separatista. Questo senza escludere che ci si debba occupare dei problemi contingenti del popolo.

L’iniziativa è stata spunto per un confronto con numerosi rappresentanti sassaresi e regionali di diversa estrazione politica, che hanno mostrato aperture e volontà di dialogo. Nelle parole di Silvio Lai del Partito Democratico, “il socialismo europeo non può non farsi carico dell’identità indipendentista, perché altrimenti si rischia di vedere crollare l’Europa stessa, intesa come unione di diversità per la pace”. Lai ha ribadito la sua proposta di sciogliere il Pd sardo per farlo ripartire da zero, facendolo diventare una forza autonoma.
Quirico Sanna ha difeso la politica pragmatica del Psd’Az e le scelte di coalizione con la Lega, parlando di schemi ideali che vanno oltre la destra e la sinistra. Allo scetticismo di Manuel Alivesi, commissario provinciale di Forza Italia, per il quale occorre capire l’utilità dell’indipendentismo e, ancor prima, pretendere soluzioni ai veri problemi della comunità, Maurilio Murru del Movimento 5 Stelle ha contrapposto una possibilità di apertura verso uno Stato sardo, a patto che ciò risponda alla volontà dei cittadini.

«Espressioni di questo tipo rimandano al bisogno di richiamare la politica verso un’attenzione nuova, quella di rispondere ai bisogni della gente – ha concluso Michele Pinna – un’attenzione che affonda le sue radici nel sardismo delle origini, e in un indipendentismo che deve farsi senso comune, coscienza pubblica e volontà delle popolazioni di riappropriarsi del loro destino di civiltà e autodeterminazione. Se non si commetteranno gli errori della politica del passato, questo filone potrà richiamare tutte le istanze, da quelle autonomiste a quelle federaliste».