Il progetto è già stato sperimentato in diverse parti d’Italia, da Bologna a Roma, con buoni risultati. Ma c’è già qualche esperienza nel nord Sardegna: un orto o un terreno agricolo per l’integrazione dei migranti.
Un oasi di riposo attivo dopo l’odissea della fuga e del viaggio. Ma non solo ristoro: l’idea è quella di entrare nel tessuto della società e dell’economia locale. Per arricchirla, magari con le colture che arrivano da centro e nord Africa. Un’ipotesi – è davvero tale perché il progetto è ancora in fase di studio e necessità poi di tutte le autorizzazioni del caso – è quella di sfruttare i terreni agricoli intorno al centro di accoglienza (Cas) di Monastir. È il progetto “Orto” inserito nell’iniziativa Migrazioni e Mediterraneo dell’Isem (Istituto di storia dell’Europa mediterranea)-Cnr presentato a Cagliari.
Lo spirito è quello di utilizzare una risorsa che – come insegna la storia – è sempre stata usata dall’uomo quando aveva necessità di riflettere o di ricostruirsi. Un esempio da seguire è quello offerto nel Lazio sulle rive del fosso Vallerano: migranti e volontari che coltivano insieme i terreni non utilizzati accanto al fiume. Una vera e proprio bonifica. Che può essere ripetuta anche in Sardegna. Basta fare un giro per le strade dell’Isola: gli appezzamenti non usati sono tantissimi.
“Il progetto – ha spiegato Marcello Verga, Cnr-Isem – nasce dall’esigenza di contribuire a conoscere i fenomeni migratori. Consapevoli che non si tratta di un’emergenza, ma di un processo storico che riguarda un intero continente che produce presenza giovanile in maniera opposta a quello che succede in Europa. In questo modo possiamo contribuire alla conoscenza del Mediterraneo luogo di incontro, non di scontro”.
I possibili buoni effetti sono stati illustrati da Alessandra Cioppi del Cnr. “Spazio e lavoro condiviso – ha sottolineato – possono avvicinare il singolo al gruppo e viceversa con scambio di esperienze e di tradizioni. Gli orti possono essere aree di ricerca scientifica ma anche laboratorio di ricerca per le scienze umane e sociali. Possono aiutare il recupero di aree degradate, possono andare incontro a nuovi stili di vita e abitudini alimentari, possono avere una funzione terapeutica”. In Sardegna l’Agenzia regionale Laore ha contribuito a realizzare un percorso del genere non per migranti, ma per persone in difficoltà. Un test iniziato quattro anni fa. E che ha prodotto buoni risultati anche grazie al lavoro di preparazione delle terre e di formazione predisposto dalla stessa Laore.