I pazienti dovrebbero sentirsi al sicuro all’interno di un ospedale, per lo meno in virtù della posizione di garanzia che gli operatori sanitari esercitano nei loro confronti, e le misure di sicurezza che le amministrazioni dovrebbero adottare per lo stesso fine.
Purtroppo molto spesso le lacune organizzative, l’inadeguatezza dei sistemi di sicurezza e delle procedure di prevenzione vengono rivelate palesemente quando si manifesta l’evento.
Lo stesso, può insorgere in circostanze del tutto improvvise e imprevedibili, ed i suoi effetti essere talmente dirompenti che vanno oltre la possibilità umana di intervento, causando degli effetti talvolta devastanti, altre volte sono le persone che con il proprio modo di agire ne favoriscono l’insorgenza e ne determinano l’evoluzione.
L’essere umano dagli errori ha spesso tratto insegnamento, altre volte ha continuato imperterrito a ripetere gli stessi, ma la prima condizione appartiene agli avveduti la seconda agli stolti, a me piace fare parte della prima categoria e per questo segnalo quanto accaduto sul mio posto di lavoro, affinché dall’errore possa farsi esperienza e miglioramento.
Un giorno come tanti, per la verità un po anomalo per la nostra Sardegna, sempre assettata e arsa dal sole, costantemente bisognosa di piogge.
Piove da alcune ore, è il 18 marzo, come al solito le degenze iniziano ad imbarcare acqua, e fin qui tutto normale, è sempre successo! altre volte abbiamo evacuato i pazienti dalle camere allagate, a volte anche trasportandoli in altri reparti, tanto prima o poi smette, un asciugatina e tutto torna come prima, e dopodiché mesi e mesi senza una goccia d’acqua.
Piove su un quadro elettrico, in una zona circoscritta da noi denominata semi – intensiva, che ospita 8 degenti, il bagno fuori dalle stanze, nella zona di passaggio dove è posizionato il quadro elettrico, ci sono le visite dei parenti, qualche bambino che sfugge all’attenzione dei genitori e circola attorno al quadro elettrico
Intanto il sevizio di manutenzione è stato prontamente allertato, tutto documentato da segnalazioni scritte, e da comunicazioni telefoniche, gli operai conoscono bene la situazione, dicono che non possono intervenire perché i loro responsabili a loro volta non intervengono o a loro volta hanno segnalato il problema all’ufficio tecnico.
Le chiamate telefoniche si susseguono una dopo l’altra ad ogni turno, le risposte le stesse. La situazione si aggrava, peggiora!
Ora piove a dirotto sul quadro elettrico, si forma una pozza, ora oltre il pericolo folgorazione c’è il rischio di scivolare, compaiono le prime lenzuola ad assorbire l’acqua, ogni tanto qualcuno le rimuove con il rischio di rimanerci attaccato, il personale dell’impresa delle pulizie, gli operatori sanitari.
Tutto è ormai normale, toccare le lenzuola umide a contatto con l’elettricità non dovrebbe essere consentito, eppure lo si fa con massima naturalezza, lo si insegna ai bambini delle elementari a non farlo, ma tutti dicono che lo hanno fatto gli altri e non è successo niente, e allora è possibile farlo.
La coordinatrice, quasi in maniera petulante continua a richiedere un intervento di chi di dovere, ma non riesce a smuovere le acque, mi scuserete per il gioco di parole.
Continua il via vai di pazienti attorno al quadro elettrico, tra ricoveri e dimissioni, tutti incuriositi osservano la pioggia che cade sul quadro elettrico, come dei bambini che scrutano dalla finestra il cielo, in attesa che il tempo migliori per riniziare la partita a pallone sospesa.
Siamo ora al 20 marzo, viene ricoverato un paziente in appoggio dalle medicine, sembra uno dei tanti, nella frenesia e nel caos più totale, tra carenza di personale e di posti letto viene collocato nella semi – intensiva, ci si accorge che il paziente è disorientato e agitato, vengono posizionate le spondine anticaduta, riesce a scavalcarle, lo si trova mentre gironzola attorno al quadro elettrico e per fortuna non succede niente.
Paura scampata, viene riposizionato a letto e si cerca di sorvegliarlo più assiduamente, per quanto si possa fare con 4 infermieri e 2 OSS per 50 pazienti, la notte il rapporto cala, ora ci sono solo 3 infermieri e 1 OSS per 50 pazienti, tutto normale anche qui. L’area nursing conosce bene la situazione, i direttori e l’amministrazione idem ma non ci possono fare niente.
E’ la crisi, periodo di vacche magre, funziona cosi, mica vorrete cambiare voi il mondo,ci hanno sempre risposto.
Arriviamo al 21 marzo, monto in servizio alle ore 7 dopo il meritato riposo, non c’è purtroppo la coordinatrice, i colleghi mi segnalano la questione disperati, avviliti, si sentono inutili, scoraggiati, malgrado l’impegno e l’interessamento dimostrato, solo porte in faccia che si chiudono.
Loro forse si, ma io non mi rassegno, sono un dirigente sindacale, non posso lasciare perdere e sperare che la pioggia passi, che il quadro si asciughi e che non succeda niente.
Temporeggio un paio di minuti, cerco di capire come intervenire, faccio un po di ordine di idee e prendo il quaderno delle reperibilità, chiamo il reperibile della direzione medica, sono circa le 7,05, non faccio i nomi per non alterare la suscettibilità altrui, sarà compito del direttore generale approfondire e chiarire eventuali responsabilità se vorrà e se lo riterrà opportuno.
Ella mi risponde e mi consiglia la corretta procedura, oltre che sottolineare il fatto che da 3 giorni non si è posto rimedio e quindi si potrebbe aspettare alle 8,30 sino all’arrivo dei dirigenti della direzione medica, con un tono perentorio affermo che non c’è tempo da perdere, chiudo il telefono.
Perdo altro tempo a consultare il quaderno delle reperibilità, ora o sotto mano la parte dell’ufficio tecnico, per la verità un po confusa, mi ci raccapezzo e chiamo il tecnico, mi risponde che se deve intervenire in reperibilità, il suo intervento deve essere autorizzato dall’ingegnere reperibile.
Chiamo l’ingegnere una, due, tre quattro volte. Risponde la segreteria telefonica.
Sono punto a capo.
Ora che faccio? Ripercorro la procedura da capo, ritorno al reperibile della direzione medica, le comunico che non mi risponde nessuno al telefono, mi dice che tanto alle 8,30 arrivano tutti in servizio.
Intanto sono le 8, in un ora sarebbe potuto succedere di tutto.
Informo telefonicamente anche l’ufficio infermieristico e scendo al 1° piano per vedere se in direzione medica è arrivato qualcuno, incontro il medico di guardia notturno del blocco D, dell’altra chirurgia, perché al blocco G, la notte non c’era il medico di guardia, la solita normalità.
Ne parlo con lei, alza le spalle e dice che non ci può fare niente.
Nella direzione medica becco finalmente il primo dirigente, mi manda all’ufficio infermieristico al secondo piano, qui informo il dirigente area nursing e l’ufficio infermieristico, mi viene detto che interverranno subito.
Risalgo in reparto, arriva il primo medico del mattino, sono le 8,30 circa, lo prendo e lo porto a vedere in semi intensiva, mi ringrazia sentitamente per il coinvolgimento ma mi dice che non è compito suo e non ci può fare niente,
Gli spiego tutte quelle belle cose della posizione di garanzia della tutela dell’incolumità dei pazienti, insomma tutto quello che ci insegna la legge e le università, ma non riesco fargli cambiare idea, se ne va. Dice che deve scendere in sala operatoria e che non ha tempo da perdere.
Ricevo ora una telefonata da parte dell’ingegnere reperibile, mi dice che interverranno a breve, intanto arrivano più persone, 8 – 10 circa, non le conosco tutte.
C’è però il responsabile dell’ufficio tecnico, il capo ingegnere, cerco di parlargli in modo cordiale, mi volta le spalle ed in maniera scortese mi dice di lasciarlo lavorare, mi sorge ad un certo punto u dubbio, non si sarà mica offeso che sto facendo il mio dovere e che il mio ruolo è garantire la sicurezza dei pazienti?
A questo punto, mi rivolgo anch’io con un tono deciso e perentorio, mi gioco l’asso nella manica,gli dico di aver fatto un video e lo minaccio di inviarlo al direttore generale, rompo tutti gli indugi, finalmente si interviene, si passa l’azione.
Li sento confabulare, qualcuno dice che non c’è nessun pericolo, che se ci fosse stato qualche corto sarebbero scattati gli allarmi, quindi il quadro si può frugare senza disinserire la corrente.
Posizionano dei teli in nylon sul quadro per avere un effetto grondaia e far si che l’acqua scorra ai piedi del quadro elettrico e non ristagni sulla parte superiore.
Noto che il muro dove è posizionato il sistema per resettare i campanelli dei pazienti è completamente umido, quindi i campanelli suonano in continuazione senza che nessuno li resetti e comunico ai colleghi che farlo sarebbe pericolosissimo.
Transennano la zona, faccio presente che le transenne non devono essere rimovibili dai pazienti, e che comunque potrebbero accedere anche bambini durante l’orario delle visite nonché pazienti disorientati, macché niente da fare, si limitano a delimitare la zona di 1 metro di larghezza per 4 mt circa di lunghezza. Basta allungare la mano e il quadro può essere toccato dal di fuori delle transenne.
Intanto trasferiamo il paziente disorientato in un altra stanza, di un paziente appena dimesso.
Dopo le consultazioni tra di loro che durano circa mezz’oretta iniziano i primi lavori, viene smantellato il controsoffitto, si inizia a forare il soffitto, non riesco a capire in che modo si stia intervenendo, ma sorvolo, non mi interessa e non è una mia competenza.
Ho da dire soltanto sull’adeguatezza del transennamento, ma tutto rimane invariato e ad oggi rimane cosi.
Potrei ritenermi soddisfatto ma non lo sono, o almeno non del tutto. Penso a cosa potrebbe succedere in caso di incendio o altre sciagure, mi girano e rigirano in testa mille dubbi e mille pensieri.
Sarà servito a qualcosa questo mio interessamento, o domani si rincomincerà dall’inizio, punto e a capo? Dubito fortemente.
Penso che tutto sia lasciato a l caso e alla buona sorte, un senso di frustrazione mi coglie, tutti mi osservavano come un marziano tutti mi prendevano come un fastidioso rompi balle e tutti sottovalutavano il problema.
Oggi è il 26, sta piovendo tutta la notte e le previsioni dicono che pioverà tutto il giorno, oggi faccio notte, monterò alle 22, inevitabilmente penso a cosa stia succedendo adesso nella semi intensiva, non mi aspetto niente di buono.
E mentre mi preparo alla notte, spero soltanto che i pazienti abbiano solo tanta fortuna.

Christian Cugusi
Dirigente Sindacale NurSind
AOU di Cagliari