Il perito non ha avuto dubbi: era manipolato l’assegno utilizzato per l’acquisto di due Rolex (6.000 euro), disconosciuto da Mario Diana a processo con l’accusa di peculato aggravato nell’ambito dell’inchiesta sull’uso dei fondi destinati ai gruppi del Consiglio regionale.

L’ex capogruppo di An e Pdl aveva detto ai giudici che la firma era la sua, ma che l’intestazione era stata riscritta rispetto al cedolino che gli era stato sottoposto alla sua attenzione, tanto che si potevano vedere le tracce della cancellazione del precedente intestatario. Oggi l’esperto nominato dai giudici della Prima sezione del Tribunale di Cagliari ha confermato la tesi dell’imputato: la firma è quella di Diana, la compilazione è riconducibile al segretario del gruppo Pdl quindi compare una terza calligrafia non identificata.

Confermata la manipolazione, Mario Diana ha chiesto ai giudici di valutare la correttezza di altri tre assegni che sarebbero nelle stesse condizioni. L’udienza è stata aggiornata al 18 maggio per l’avvio della discussione: il pubblico ministero Marco Cocco pronuncerà la sua requisitoria poi toccherà ai difensori Massimo Delogu e Pierluigi Concas. A Diana la Procura contesta spese illecite per circa 200 mila euro che arrivano a 600 mila con il calcolo di quelle che avrebbe avallato per altri consiglieri del gruppo.