“Le Festività di fine anno non hanno portato buone nuove nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta. Anzi la situazione nelle ultime settimana è precipitata e i detenuti, sia quelli ricoverati nel Servizio Assistenza Intensiva (ex Cdt) – cioè persone che hanno necessità di un monitoraggio costante per contrastare pericolose crisi – sia quelli con disturbi e/o malattie in atto rischiano di non poter più contare sui livelli essenziali di assistenza. Insomma il diritto costituzionale garantito alle persone private della libertà è in predicato perchè i 17 medici del punto di primo intervento (118) non ricevono lo stipendio come stabilito dalle Linee Guida regionali. È evidente che il perdurare del problema, per alcuni ormai da circa due mesi, non può far presagire positivi esiti” – Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione ‘Socialismo Diritti Riforme’, avendo appreso della grave situazione creatasi in seguito al mancato rispetto della delibera della Giunta regionale emanata fin dal 2012.
“La “crisi” in atto, se non prontamente sanata, potrebbe quindi comportare la riduzione del numero dei medici – sottolinea – anche se la problematica appare più come il risultato di una sottovalutazione delle necessità derivanti da una realtà particolarmente complessa che una scelta meditata. La Regione Sardegna aveva infatti disposto le linee guida per la disciplina dell’ordinamento della Sanità Penitenziaria ponendo l’accento soprattutto sul “riconoscimento della piena parità di trattamento, in tema di assistenza sanitaria, degli individui liberi e degli individui detenuti ed internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale”. Senza il rispetto dei contratti di lavoro però tutto questo non potrà essere garantito”.
“I problemi nella Casa Circondariale si sono accentuati – ricorda la presidente di SDR – a partire dall’1 dicembre scorso, in seguito alla decisione da parte della Direzione del “Brotzu” di voler ridisegnare la convenzione con l’ATS, prevista dalle Linee Guida regionali, con un drastico taglio orario (da 10 a 4 ore) del Medico internista. Dall’1 dicembre la presenza dello specialista, responsabile peraltro del SAI (ex Centro Clinico), è stata ridotta senza apparenti motivazioni. Una scelta della Direzione Generale dell’Azienda Sanitaria che ha messo a rischio la qualità del servizio per la salute dei ristretti e il mantenimento del presidio “ospedaliero” nell’Istituto Penitenziario”.
“Non conosciamo le più profonde ragioni. E’ certo però che nessuna di queste scelte – conclude Caligaris – è orientata al risparmio. Paradossalmente si può affermare che aumenteranno le spese perché così come stabiliscono le Linee Guida le patologie “croniche” devono essere curate in ambito detentivo ma è difficile comprendere in che modo, senza figure professionali adeguate. I medici del 118 intervengono in tutti i casi di emergenza urgenza ma assicurano anche il servizio di assistenza di base. Aldilà degli aspetti tecnici, ciò che si profila è una grave situazione per lo scadimento di diritti inviolabili come quello alla salute. Auspichiamo quindi un immediato intervento da parte dell’assessore regionale della Sanità”.