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Tra i 2,5 e i tre miliardi di euro all’anno: è quanto costa l’insularità ai sardi secondo uno studio curato da Franco Meloni (Riformatori) per conto del Comitato promotore del referendum per l’inserimento del principio di insularità in Costituzione.

Un peso rilevante è costituito dai 660 milioni per il trasporto navale di passeggeri e merci per distanze equivalenti a quelle percorribili via terra. Ugualmente il trasporto aereo ha un valore monetario che si aggira attorno ai 600 milioni di euro l’anno. E siamo a 1,2 miliardi circa. Il resto del gap è determinato dai bassi indici di infrastrutturazione, cioè la valutazione della qualità e quantità di infrastrutture nell’Isola: il 35,2% su reti energetiche (rispetto alo 64,5% del Mezzogiorno); 45,5% su reti stradali (87,1% nel Mezzogiorno); 15% su reti ferroviarie (87,8% nel Mezzogiorno); 66,1% per infrastrutture economico sociali (84,4 nel Mezzogiorno). Indici che sono il risultato di bassissimi investimenti statali nel decennio tra il 2000 e il 2010, sino a 20 miliardi di euro in meno rispetto alla media nazionale. Secondo Meloni, “l’inserimento del principio di insularità in Costituzione, consentirebbe un pesante recupero degli investimenti aggiuntivi per un periodo di almeno dieci anni e una quota fissa come contributo di riequilibrio per coprire i maggiori costi dell’insularità legati a trasporti e commercio”.

Ovviamente, ha spiegato “anche il Pil crescerebbe, e la Sardegna potrebbe raggiungere l’indipendenza economica”. “Con la presentazione del dossier – ha detto il presidente del Comitato Roberto Frongia – parte la seconda fase della campagna per il referendum che si dovrebbe tenere a ottobre”. Il 27 dicembre scorso sono state depositate 92mila firme in Corte d’Appello a Cagliari. “L’obiettivo – ha aggiunto anche oggi l’ex assessora alla Cultura, Maria Antonietta Mongiu – è quello di oltrepassare il concetto di specialità come condanna e iniziare a considerarlo una risorsa”.