“Una farsa preelettorale con soldi vecchi e impegni campati per aria. Sarebbe bastato leggere i documenti, confrontarli, per rendersi conto dell’ennesimo imbroglio del governo con la complicità di Pigliaru e compagni. Solo dei dilettanti allo sbaraglio o degli incalliti conniventi potevano accettare la messa in scena di palazzo Chigi e presentarla come una conquista.
Sarebbe bastata un po’ di onestà intellettuale e la verifica delle cifre e delle rispettive provenienze per rendersi conto che si trattava di soldi vecchi e annunciati ad ogni stagione utile per la propaganda”.
Lo dichiara il leader di Unidos Mauro Pili sulla vicenda dell’ex Arsenale di la Maddalena. “I 50 milioni annunciati sono non solo risorse datate – attacca Pili – ma per molti versi ormai scadute, proprio perché in alcuni casi non esiste nessuna riassegnazione sostanziale e formale. E molte di queste sono somme appartenenti non allo Stato ma al riparto delle risorse Cipe attribuite proporzionalmente ad ogni regione. Quindi si tratta di somme destinate alla Sardegna come dovute e non come concessione di somme aggiuntive. In questo caso è fin troppo evidente che l’imputazione delle somme la si può ritrovare reiteratamente in accordi privi di consistenza firmati a cadenza annuale tra lo Stato e la Regione. Propaganda bella e buona in cui molti ci cascano per ignoranza o peggio per connivenza. Basta leggere l’allegato A del fantomatico patto per la Sardegna dove già si parla di opere di bonifica della darsena dell’ex Arsenale di La Maddalena. Guarda caso – incalza il deputato di Unidos – nello stesso patto si leggono le stesse cifre di questo ennesimo accordo farsa con un richiamo esplicito a soldi del 2007/2013 e di altri relativi al periodo 2014/2020. Il fatto stesso che si imputino risorse a programmazioni scadute o in scadenza lascia comprendere l’inconsistenza di questi impegni preelettorali”.
“Basterebbe leggere le tabelle e rendersi conto delle risorse e degli impatti annuali per capire che nessuna di queste risorse è stata mai attivata. Annunciate in pompa magna per tre o quattro volte ma sempre ferme, con una spada di Damocle che gli addetti ai lavori conoscono bene: la revoca degli stanziamenti entro il 2019. A questo si aggiunge che il Cipe non ha mai deliberato nessuna di queste risorse e ha sempre rimandato la legittimazione al reale trasferimento alla disponibilità di progetti concreti e non campati per aria. A tutto questo si aggiunge un capitolo inquietante di tutta la vicenda: la transazione tra la Mita resort già del presidente dell’Eni e la protezione civile. Una transazione finale di cui si ignora il contenuto considerato che l’arbitrato aveva fissato in 36 milioni di euro i danni da pagare alla società della Marcegaglia. Come si è arrivati a quella definizione e soprattutto sono attualizzati i danni alle strutture dell’arsenale? Appare evidente che i danni legati alla distruzione dei compound a seguito di incendi e incuria non siano stati in alcun modo presi in considerazione e quindi i costi di ripristino vengono scaricati senza alcuna contabilizzazione sulla Regione”.