Quasi uno su tre, il 30%, delle persone residenti in Italia, nel 2016 è a “rischio di povertà, esclusione sociale, registrando un peggioramento rispetto all’anno precedente quando tale quota era pari al 28,7%”. Lo stima l’Istat, spiegando che “aumentano sia l’incidenza di individui a rischio di povertà (20,6%, dal 19,9%) sia la quota di quanti vivono in famiglie gravemente deprivate (12,1% da 11,5%), così come quella delle persone che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (12,8%, da 11,7%)”.

Nel 2016 in Italia l’Istat stima in oltre 18 milioni le persone a rischio povertà o esclusione sociale. Questa la traduzione in numeri assoluti di una percentuale pari al 30%. Numeri che, scrive l’Istituto, vedono gli obiettivi prefissati dalla Strategia Europa 2020 “ancora lontani: la popolazione esposta a rischio di povertà o esclusione sociale – precisamente pari a 18.136.663 individui – è infatti superiore di 5.255.000 unità rispetto al target previsto”.

“Una significativa e diffusa crescita del reddito disponibile e del potere d’acquisto delle famiglie” che però si associa a “un aumento della disuguaglianza economica” oltre che “del rischio di povertà o esclusione sociale”. In particolare, spiega, nel 2015, “la crescita del reddito è più intensa per il quinto più ricco della popolazione, trainata dal sensibile incremento della fascia alta dei redditi da lavoro autonomo, in ripresa ciclica dopo diversi anni di flessione pronunciata”. Ecco che la forbice tra i più benestanti e i più poveri si è allargata.