Arriveranno dall’esame dei contenuti dei supporti informatici acquisiti dagli inquirenti le prime risposte per chiarire se il suicidio della barista di 22 anni di Porto Torres, Michela Deriu, sia stato istigato da un video hard che lei temeva potesse essere divulgato e quindi reso pubblico. Il materiale è stato sequestrato in casa dei tre conoscenti di Michela ora iscritti nel registro degli indagati della Procura di Tempio Pausania per istigazione al suicidio, tentata estorsione e diffamazione aggravata.
Il filmato a luci rosse è stato trovato in uno dei pc nella disponibilità di uno dei sospettati. Il procuratore facente funzioni di Tempio, Gianluigi Dettori, ha conferito l’incarico ad un consulente per l’esame di pc, tablet e cellulari sequestrati. A lui il compito di scovare tutte le tracce in chiaro, o eventualmente cancellate, che possano servire a fare luce sulla vicenda. Si tratta di una storia ancora tutta da scrivere, costellata di minacce ed estorsioni culminate – ed è questa una delle ipotesi investigative – in un vero e proprio ricatto nei confronti della ragazza che a quel punto, temendo la diffusione del video, era rimasta preda di un meccanismo psicologico ma non solo – lei stessa aveva denunciato un’aggressione a scopo di rapina qualche giorno prima del suicidio – che l’avrebbe prostrata a tal punto di decidere di farla finita. Gli atti che compongono il fascicolo dell’indagine vengono aggiornati via via con l’arrivo delle informative dei carabinieri. Non sembra imminente l’interrogatorio dei tre indagati: il magistrato vuole prima acquisire tutti gli elementi dai supporti informatici ora nelle mani degli specialisti. Nel frattempo, si prosegue sentendo tutte quelle persone che possono aver visto o sapere qualcosa sulla vicenda.