L’acqua deve essere pubblica L’acqua deve restare pubblica: respingiamo logiche di profitto e gli appetiti delle multinazionali su un bene essenziale Occupandomi da diverso tempo del tema acqua, nella nostra Isola ancora più sentito in virtù delle diverse criticità prodotte nel tempo dalla gestione Abbanoa, ho constatato come siano sempre più frequenti e preoccupanti i segnali d’interessamento di soggetti privati alla gestione del sistema idrico del nostro Paese. Una circostanza pericolosa che rischia di abbandonare a logiche utilitaristiche e di mercato la gestione di un servizio pubblico essenziale e necessario, oltre a contraddire la normativa e la volontà popolare in materia di acqua pubblica espressa con il referendum del 2011. Non è la prima volta che la politica smentisce la volontà popolare. A questo proposito trovo indicative rispetto a questa minaccia le recenti dichiarazioni del presidente dell’Hitachi che ha espresso interessamento e disponibilità a entrare nella gestione dei sistemi idrici integrati nel nostro Paese.
La giustificazione che starebbe acquistando forza su un ipotetico ingresso dei privati è il cattivo stato delle infrastrutture. Noi in Sardegna ne sappiamo qualcosa. Lo stesso presidente della multinazionale giapponese, nell’illustrare i settori di espansione del gruppo, ha ricordato che in Italia si perde circa il 38 per cento dell’acqua potabile, circa 3,2 miliardi di metri cubi all’anno. Si tratta di una delle perdite maggiori d’Europa. Una normativa inadeguata, che questo Governo rifiuta di modificare, ha prodotto gestioni che stanno causando gravissimi disagi e disservizi ai cittadini, a cui si aggiunge l’immobilismo delle istituzioni pubbliche che non investono in nuove infrastrutture e non fanno nulla per ammodernare una rete colabrodo.
Secondo una recente indagine di Utilitalia, nel nostro Paese il ritmo annuale dei rinnovi è di circa 3,8 metri ogni chilometro. In pratica, andando avanti di questo passo, ci vorranno 250 anni per sostituire le tubature. Paradossalmente le risorse ci sarebbero. Invece di guardare ai privati, sarebbe già un primo importante passo sbloccare gli strumenti predisposti. Manca, ad esempio, il via libera al fondo di garanzia per opere idriche di potenziamento, depurazione e fognatura, previsto dal collegato ambiente 2016 e mai attuato. Come ribadito dall’Onu, l’acqua potabile e per uso igienico è un diritto essenziale relativo alla dignità della persona e gli Stati hanno il dovere di attuare iniziative per garantire acqua potabile di qualità, accessibile ed economica. Soprattutto, l’acqua deve restare pubblica, come hanno ribadito gli italiani con la consultazione referendaria del 12 e 13 giugno 2011, consultazione promossa anche a seguito dei pericoli emersi da una progressiva “depubblicizzazione” del sistema con l’ingresso di un numero rilevante di operatori privato.
Andrea Vallascas – M5s