Sconfitta per Uber di fronte al tribunale del lavoro britannico secondo cui la società Usa deve garantire ai suoi autisti una serie di diritti, fra cui il salario minimo e le vacanze e i giorni di malattia pagati. Uber contesta la sentenza.
Il servizio di auto con conducente ha perso l’appello contro la decisione della corte in favore di due suoi ‘drivers’, James Farrar e Yaseen Aslam, che avevano fatto causa per chiedere il riconoscimento del loro status di lavoratori dipendenti e non di freelance. Il sindacato Gmb esulta, affermando che si tratta di una vittoria dei lavoratori nella cosiddetta ‘gig economy’ dove si assiste spesso a forme di sfruttamento della manodopera. Ma Uber non demorde e annuncia un nuovo ricorso per evitare di dover concedere i nuovi diritti ai suoi 40 mila autisti a Londra. Uber si era già vista revocare la licenza nella capitale britannica e anche in questo caso ha fatto ricorso, ottenendo la possibilità di continuare ad operare nella metropoli. La prima udienza per risolvere questo altro contenzioso sarà il mese prossimo.
Nel frattempo Uber contesta la sentenza. “La maggior parte dei tassisti e degli autisti di noleggio privato sono stati considerati, per decenni, lavoratori autonomi, molto prima che la nostra app esistesse”, commenta Tom Elvidge, direttore generale di Uber UK. “Il motivo principale per cui gli autisti utilizzano Uber – aggiunge – è che la nostra app dà loro la libertà di scegliere se, quando e dove effettueranno il loro servizio, motivo per cui abbiamo intenzione di andare in appello. Il tribunale rivendica il fatto che agli autisti viene richiesto di accettare l’80% delle corse una volta effettuato l’accesso all’app. Gli autisti che utilizzano Uber sanno che questo non è mai successo nel Regno Unito”. Per Elvidge infine nel corso degli ultimi anni la società ha migliorato la sua applicazione “per garantire agli autisti un maggior controllo” e “investito in coperture assicurative per malattia o infortunio”.