La Regione precisa che non ha possesso di nessuno dei terreni di Aritzo nei quali, in passato, sono stati concessi dai proprietari privati diritti di esbosco. I terreni a cui fa riferimento il parlamentare Mauro Pili in una nota stampa, appartengono infatti a privati che in passato crearono impianti di arboricoltura produttiva.

Si tratta di 200 e non 200mila ettari di impianti di arboricoltura da legno, che la legge regionale e nazionale non ascriveva e non ascrive al bosco, né tutela in qualità di bosco. Gli impianti risalgono all’epoca in cui si intendeva produrre carta nell’industria di Arbatax, coltivando specie a rapido accrescimento in tutta l’Isola. Le essenze prescelte risultarono costituite da specie alloctone (pino nero) e, in minore misura, da pino marittimo, indigeno in Gallura ma non in Barbagia.

Dunque il preteso sfregio ambientale ha la sua genesi all’epoca di tali impianti, certamente non funzionali alla tutela dell’ambiente barbaricino ma orientati alla produzione economica. Recita testualmente in proposito il piano paesaggistico regionale: ‘Negli anni Settanta gli incentivi per la forestazione a conifere hanno prodotto importanti effetti negativi sulla vegetazione autoctona e sul paesaggio, senza i benefici economici auspicati’.

La Regione è impegnata nei programmi di tutela dell’immenso patrimonio boschivo della Sardegna che, con quasi un milione e 300mila ettari, è la regione più boscata di Italia.