Bonifiche ferraresi è nata nel 1871, costituita in Inghilterra come 'Ferrarese Land Reclamation Company Limited' per strappare terre alle paludi. Con l'acquisizione annunciata ieri di mille ettari di Bonifiche Sarde s'appresta a diventare l'azienda agricola in Europa che dedica la maggiore superficie al bio. Terre su cui viene anche prodotto il Riso del Delta del Po, uno dei prodotti certificati Igp che entro fine anno porteranno sugli scaffali dei supermercati il marchio dell'impresa. I grafici stanno ancor lavorando per sceglierlo, e certo l'ultima parola la diranno i soci dell'azienda agricola, "un unicum", visto che "è la sola quotata in occidente" spiega l'A.d. Federico Vecchioni. Il manager sta realizzando il piano industriale messo a punto dopo la acquisizione, nel 2014 da Bankitalia, da parte di una cordata di investitori, raggruppati in Bf holding, che vede tra gli i partecipanti anche Cariplo, Sergio Dompè, Per (Carlo De Benedetti), Inalca (Cremonini), Aurelia (Gruppo Gavio) e i consorzi agrari italiani. "La nuova compagine societaria ha sempre ribadito che l'obiettivo non era delistare. La quotazione ha delle complessità per un'azienda agricola che non nego, ma noi non siamo una azienda agricola 'ordinaria', siamo una società con un piano industriale complesso". Piano che mira ad una verticalizzazione della produzione ed a un'integrazione della filiera. Il perché è presto detto: per Vecchioni produrre 'commodities' per poi vendere all'ingrosso condanna una azienda a non avere redditività sufficiente per gli investimenti. Bisogna invece puntare ad essere il centro della filiera: "per esempio, produrre riso per darlo al mediatore non è una scelta premiante, bisogna fare il proprio stabilimento, e vendere a marchio". E si devono fare produzioni di qualità: ecco perché sugli scaffali della Gdo Bonifiche porterà solo quelle certificate, come appunto il Riso del Delta o la carne di Chianina. Rigorosamente legate alla stagionalità. Da questa idea è nato così un mix di agricoltura 4.0 e tradizionale. Che ha portato a creare a Jolanda di Savoia un campus universitario con aule in campo aperto, a georeferenziare i campi per recuperare l'incolto, a sviluppare un piano idrico per ridurre gli sprechi d'acqua, a usare energie rinnovabili. Senza dimenticare una zootecnia complementare all'agricoltura, cui 'regala' il più antico dei fertilizzati, il letame. I numeri stanno dando ragione a Vecchioni: a settembre il valore della produzione era in aumento del 20,8% (13,4 milioni di euro nei primi nove mesi 2016), l'Ebitda a 2,6 milioni (+52,9%), l'utile netto a 1,1 milioni (+83,3%). Il 2016 si chiuderà "in modo assolutamente performante". Se il Terzo Mondo è preda del 'Land grabbing, l'accaparramento da parte di governi stranieri o di multinazionali di grandi appezzamenti di terreni (fondamentali in un futuro con sempre più bocche da sfamare) per l'A.d. i campi italiani, di dimensioni più ridotte, per essere redditizi "devono diventare elemento qualificante delle filiera, distintivo e imprescindibile dal prodotto, al punto da renderlo più competitivo". Perché è solo sulle terre strappate secoli fa alle paludi che si fa il Riso del Delta del Po.
Uncategorized Bonifiche ferraresi punta a retail, avrà un suo marchio