La psicologia del marketing, della pubblicità, la psicologia della comunicazione hanno individuato in modo preciso e metodico come si possa intervenire per indurre o modificare un comportamento d’acquisto, una ideologia, una percezione. Agenzie pubblicitarie e politica basano tutto il loro operato sugli esiti che tali ricerche hanno comportato.
Una premessa squisitamente umana. L’individuo tende ad economizzare i propri processi cognitivi attraverso euristiche e bias (pronuncia: baias). Le prime possiamo considerarle come delle vere e proprie scorciatoie di pensiero, che ci permettono di avere sotto controllo l’informazione in tempi più brevi di quanto potrebbe comportare una ricerca approfondita delle fonti, sebbene più precisa. I bias, sono dei costrutti, fondati al di fuori del giudizio critico, su percezioni errate. Alla luce di questo siamo tentati a pensare che se un numero tarda ad essere estratto al lotto sarà più probabile che verrà estratto la volta successiva; oppure che se qualcosa ha suscitato in noi determinate emozioni, queste debbano essere comuni al nostro vicino. O che un bambino piangente e sporco possa avere inequivocabilmente più bisogno di aiuto rispetto a un bambino povero ma pulito e sano.
Tutto ciò mantenendo la tendenza di base, costante e imperterrita, a confermare le proprie idee piuttosto che a falsificarle, non per ipocrisia, quanto piuttosto per mantenere una economia cognitiva funzionale.
Uno scenario nuovo. Tutti questi processi sono esasperati in questo momento di eccessivi input, di costante informazione. Il nostro cervello si trova nella condizione di dover necessariamente risparmiare energia e le strategie che riesce a trovare sono brillanti. Le immagini, per esempio. Le “sensazioni”. In questo nuovo scenario un’immagine vale davvero più di mille parole. Attraverso immagini forti, dove per forte si intende capaci di evocare sensazioni ed emozioni in grado di smuovere gli animi, l’obiettivo è trovare velocemente le motivazioni per indirizzare i bisogni, i desideri, e di conseguenza i comportamenti e le idee. Nel bene e nel male.
Quando è bene. Quando il cambiamento può essere agito a favore delle classi deboli, quando il cambiamento vuol dire vita, quando gli strumenti sono leali e cambiare può voler dire migliorare. Quando l’obiettivo è smuovere le coscienze e creare valore non solo per pochi privilegiati. Quando l’informazione è libera ma vuole mantenere liberi anche i destinatari.
Quando è male. Quando l’informazione viene manipolata, quando non è leale; quando si serve delle comuni distorsioni umane per far passare messaggi manipolatori. Quando è deliberatamente bugiarda. Quando crea catene invece di liberare, non devono esserci dubbi.