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Alla stampa sarda, all’ordine dei giornalisti, ai vertici nazionali della Fnsi e a tutti coloro che si impegnano e lavorano per offrire questo prezioso spazio di dibattito va il mio personale ringraziamento e il mio più sincero apprezzamento, ma credo sia più utile a tutti entrare fin da subito nello specifico e fin dentro i tanti problemi che caratterizzano il mondo dell’informazione in generale e quello sardo in particolare.
 

Chi mi ha preceduto, ad incominciare dal  presidente Birocchi, ha ben posto le questioni insolute e elencato le criticità che anche i non addetti ai lavori ormai percepiscono in tutta la loro gravità: il precariato, il calo dell’occupazione, l’assenza di una pluralità di testate, una sostanziale diminuzione della tanto invocata, ma solo a parole, libertà di stampa, il diritto all’informazione libera e di qualità
E davanti a questioni così complesse e di così grande portata è chiaro a tutti che servono le risposte anche e soprattutto della politica. Laddove ci sono condizioni che mettono a repentaglio la democrazia deve esserci la politica con tutti i suoi mezzi per eliminare quelle condizioni.


Non mi soffermerò sulle iniziative che negli ultimi anni sono state intraprese nel parlamento italiano, sia per quanto attiene gli interventi diretti nel settore dell’editoria e sia per quanto riguarda le limitazioni che si è tentato di imporre all’esercizio del diritto di cronaca dei giornalisti e dunque al diritto ad essere informati dei cittadini, voglio piuttosto concentrarmi su ciò che avviene in Sardegna e su ciò che la Regione ha fatto, o meglio non fa, per un informazione plurale e più libera e per dare sostegno ad un settore colpito anch’esso dalla crisi che investe la nostra economia e le nostre aziende.

E se è vero che, come ha detto l’assessore Milia, la crisi è globale e accomuna tutti i settori, io dico all’assessore che la crisi che sta investendo queste aziende porta con se un surplus di gravità che deve metterci in allarme e indurre i governi, compreso quello regionale, ad intervenire. In questo caso infatti oltre all’azienda e ai lavoratori viene spazzata via anche un pilastro della democrazia: la stampa plurale e libera.


Ho avuto modo di seguire da vicino le diverse situazioni di crisi che hanno portato alla chiusura di diverse realtà editoriali in Sardegna, così come seguo con preoccupazione le tensioni e le difficoltà che si sono vissute e si vivono anche oggi all’interno delle redazioni nelle cosiddette testate storiche della carta stampata e della emittenza radio televisiva sarda.


Ed è anche dal confronto che ho avuto con molti di voi che ho maturato la ferma convinzione che in Sardegna è necessaria e ineludibile una nuova legge che disciplini e aiuti per davvero l’editoria e gli operatori dell’informazione.
Una legge con regole chiare, sostegni trasparenti e efficaci ma soprattutto norme al passo con i tempi e con l’evoluzione e i mutamenti che caratterizzano i processi editoriali.


Aggiungo anche, una legge che non lasci neppure intravedere possibili spazi per una qualche discrezionalità politica nell’applicazione delle norme e nella erogazione delle risorse agli eventuali beneficiari. Credo che mai come oggi, soprattutto in Sardegna, serva, infatti,  ribadire un concetto chiaro e per certi versi basico: la commistione della politica con gli editori fa male alla politica, fa male all’informazione e ancora di più fa male ai giornalisti e produce danni irreparabili ai cittadini lettori. Non commistione quindi tra politica e editori ma, per usare l’espressione che ha utilizzato Filippo Peretti, solidarietà si.


Con questa ferma convinzione ho presentato, insieme con i colleghi del centrosinistra,  l’unica organica proposta di legge al momento depositata in Consiglio regionale per dare sostegno all’informazione locale mettendo al centro il lavoro dei giornalisti senza i quali non ci sarebbero giornali e per disciplinare un aspetto fondamentale per la libertà di stampa e, sottolineo, per la democrazia in Sardegna: la  comunicazione istituzionale. Ritengo che quest’ultimo sia un aspetto fondamentale da affrontare e normare quanto prima, per scongiurare le storture che anche di recente abbiamo visto consumarsi in Sardegna.


Sulle risorse destinate alla comunicazione istituzionale non si dovrà, infatti, mai più avere il dubbio, o qualcosa di più, che possano essere utilizzate per avvantaggiare il governatore, qualche assessore  o una parte politica. E credo che questo principio valga certamente per l’oggi ma a chi oggi governa dico che deve valere ancora di più per chi governerà domani.


Credo che concordiate con me nell’affermare che tutti ci sentiremo più garantiti se i criteri per l’assegnazione della pubblicità istituzionale, pur restando in capo al presidente della regione, stiano all’interno di un piano della comunicazione, confortato,  oltre che dall’approvazione della giunta, anche dal parere del Corecom e della commissione consiliare per l’informazione.


Non mi sembra di proporre niente di rivoluzionario eppure davanti alla discrezionalità di cui gode anche oggi il governatore nell’assegnare i fondi della pubblicità istituzionale tutto ciò sarebbe davvero uno stravolgimento delle logiche che fino ad ora hanno caratterizzato l’utilizzo di quei fondi. Ed è soprattutto per questo che ho scarsa fiducia perché questa legislatura possa registrare l’approvazione di norme di buon senso e urgenti per l’editoria e l’informazione nell’Isola. Lo dico con rammarico riferendomi alle regole che non ci sono sulla pubblicità istituzionale ma soprattutto sui sostegni che mancano alla piccola editoria in Sardegna.


La proposta di legge del centrosinistra  sostiene il processo verso la digitalizzazione dei formati ma prevede, nell'attesa della realizzazione integrale della banda larga supporti veri alle testate cartacee ed alle imprese radiotelevisive, limitando i costi di stampa e di distribuzione e quelli degli abbonamenti alle agenzie.
Premia la qualità dell'informazione, legandola alla qualità del lavoro, cioè al rispetto delle regole contrattuali.


Non possono esserci interventi pubblici per chi non applica le norme che regolano la professione e ancora di più il concetto è valido per l’informazione, dove il lavoro precario facilita il ricatto e diminuisce la libertà di chi l’informazione la deve fare nel rispetto dei fatti e della deontologia professionale. La proposta del centrosinistra premia, in sintesi, l’editore che crea lavoro buono, ammoderna l’azienda, guarda alle nuove tecnologie e vuole fare un informazione libera e corretta.


Sono da sempre convinta che nei momenti di crisi spetti al Pubblico fare investimenti e aiutare le aziende in crisi, questo principio vale anche per le imprese che si occupano di informazione. Ma il pubblico, in questo caso la regione,  deve accertare con la massima profondità che tali imprese siano in regola con i contratti di lavoro e che utilizzeranno i fondi erogati per garantire qualità e buona occupazione.  È una legge che entra nello specifico e che certamente potrà essere migliorata con il contributo di tutti voi ma posso assicurarvi che è una legge che affronta molti dei problemi che oggi ho sentito evidenziati negli interventi che mi hanno preceduto.
Verrebbe da dire che è una legge che vale la pena approvare in questa legislatura.


Ma poi penso all’unico provvedimento che il Consiglio regionale ha approvato in questa legislatura per dare un sostegno alla piccola editoria, per intenderci, quella modifica alla legge 22 che stanzia 300 milioni in un triennio in regime de minimis alle cooperative di giornalisti cassintegrati o disoccupati, e allora dico che tutto, anche le leggi, sembrano inutili in questa legislatura. Infatti, come è noto, la norma è stata approvata dal Consiglio regionale ma la giunta e tantomeno il competente assessore l’hanno mai applicata e non è dato conoscere il perché!


Così c’è una legge che dà una mano ai piccoli editori ma soldi e norme restano nel cassetto dell’assessorato alla Cultura. Sembra paradossale ma è ciò che accade di questi tempi nella Regione del centrodestra. E per questo dico che all’editoria come alle industrie, agli imprenditori come agli operai, ai giornalisti come agli editori, non resta che augurarsi che chi governa questa Regione passi la mano al più presto a chi ha più voglia e più passione per occuparsi dei troppi problemi di questa terra martoriata.

Ad incominciare da quelli del lavoro e dello sviluppo che vuol dire dunque occuparsi di informazione e stampa libera. Perché senza l’informazione libera c’è meno sviluppo, più ingiustizia e troppa poca democrazia per crescere insieme e forti.