Avere un camper come casa e sbarcare il lunario lavorando in un call center. Non poter contare in null’altro che su quelle quattro ruote, una dignità incrollabile e un coraggio insolito. Non è l’ennesima storia di sopravvivenza da una crisi spietata e incalzante ma la nuova vita di un quarantenne abruzzese sopravvissuto al terremoto dell’Aquila del 2009 e trasferitosi in Sardegna, a Cagliari, dopo il trauma di quella tragedia.
Racconta la sua storia con fatica Ippolito, entra con dolore in quei ricordi che hanno il peso delle mura che hanno fatto diventare la sua casa una trappola. Non vuole soffermarsi nei dettagli per “rispetto di tutte quelle famiglie che hanno perso qualcuno” ma quella notte, dalle 3:32 in poi, è stata un inferno anche per lui. Molti dei suoi amici d’infanzia hanno perso la vita.
“Quando il posto sicuro per eccellenza, casa tua, ti crolla intorno, perdi ogni certezza. Perdi il valore delle cose, la sicurezza di averle, la fiducia in tutto quello che è materiale”. È così il suo rapporto con le cose, ora.
Approdato, per scelta e grazie all’aiuto di un amico, in una terra che non è zona sismica, rifugiato in una casa che non è fatta di cemento, con un lavoro che gli da quello che gli serve per vivere, ha deciso di ricominciarla a Cagliari la sua vita: “Non ho bisogno del superfluo, per ora mi basta quello che ho. Sono ancora troppo arrabbiato per rientrare nella mia terra, nella mia città, tra quelle istituzioni che mi hanno sbattuto la porta in faccia. Non so in realtà se lo farò mai. All’inizio è stato difficile, ma ora sto bene qui, sto cominciando ad ambientarmi”.
Addetto alla security, Ippolito, viveva in un appartamento d’ affitto al momento del terremoto. Per questa ragione, pur avendo perso tutto all’interno di quelle mura, non ha avuto diritto a nessun risarcimento che è invece stato destinato al proprietario della casa. Ferito nella sua dignità ha voluto lasciare la sua terra dopo essersi assicurato che i suoi familiari se la sarebbero potuta cavare anche senza lui.
Con l’odore della polvere che lo segue ovunque in questi giorni Ippolito esulta, con riserva e disillusione, per la condanna ai componenti della Commissione Grandi Rischi che rassicurarono gli aquilani circa l'improbabilità di una forte scossa sismica che invece si verificò alle 3.32 del 6 aprile 2009.
“Hanno anche il coraggio di lamentare il fatto di essere stati condannati per una ragione che non dipendeva da loro. Ma tutti noi sappiamo che sono colpevoli di aver rassicurato le persone e di averle spinte a rientrare in casa dopo la prima lieve scossa delle 23. E’ inutile che vadano in giro a raccontare che il terremoto non era prevedibile. Loro avrebbero dovuto tenere alto l’allarme e invece ci hanno mandato a morire”.
Lontano da tutti e da tutto quello che gli è familiare, ora, Ippolito ha trovato una piazzola sicura in cui posteggiare il suo camper e dalla quale ogni giorno raggiunge il call center e i suoi colleghi che lo fanno sentire quasi in famiglia. La sua esperienza non sarà mai soltanto un ricordo e il rumore della terra che trema e che sbriciola le case accompagnerà sempre i suoi silenzi e quelli di tutti i suoi conterranei che come lui hanno visto i loro i cari sepolti vivi dal cemento.