“Inchiesta fuorviante, ma da Di Pietro vogliamo più chiarezza”. Idv in città non ci sta. Attacca la trasmissione di Rai 3. Ma auspica un rilancio in chiave più moderna, progressista e tutta all’insegna del rinnovamento. Non sono piaciuti i “non ricordo” e “non c’ero”. Tutta la gestione del partito va rivista, spalancando le porte delle troppe “segrete stanze” e allontanando gli “amministratori incapaci e inaffidabili” e i “baroni delle tessere”. I gruppi cagliaritani sembrano avere le idee molto chiare.
“Ne abbiamo discusso diffusamente in una riunione molto partecipata lunedì sera”, spiega Giovanni Dore, capogruppo Idv in consiglio comunale a Cagliari, “abbiamo infine votato un documento comune che verrà diffuso a tutti gli organi in vista delle prossime riunioni provinciali, regionali e nazionali. In tanti abbiamo lamentato come si siano prese sottogamba le interviste di Report da Di Pietro e da tutti i dirigenti intervistati. A domande delicate si debbono dare precise risposte e non trincerarsi dietro frasi del tipo "siamo stati già vagliati dalla magistratura", "non ricordo", "forse non c'ero". Il Paese guarda ad un partito che fa dei "valori" e della "giustizia" il proprio vessillo ed al proprio leader con molta più attenzione ed intransigenza rispetto ad altri e pertanto era necessario un altro atteggiamento davanti alle telecamere. Ciò non toglie che l'inchiesta di Report si sia dimostrata insolitamente fuorviante per quanto riguarda la gestione dei fondi pubblici da parte del partito a livello nazionale”.
Cioè?
Mi spiego, i conti del partito sono stati vagliati dalla magistratura a seguito delle denunce di supposte malversazioni da parte dei vari Veltri e C. e nessuno ha ritenuto che vi siano state appropriazioni indebite o distrazione di fondi.
Al contrario (è qui il fatto mi pare vergognoso sotto il profilo giornalistico) nel servizio non è stata fatta menzione delle condanne per diffamazione a carico di Veltri e Di Domenico ottenute da Di Pietro per gli stessi fatti che la giornalista di Report ha “spacciato” come novità piccanti.
Infine (giocando sull’idea di un utilizzo personalistico delle casse del partito) Di Pietro è stato fatto passare per un “insaziabile” immobiliarista con ben 55 (o 56) immobili che, nell’immaginario, sono stati “spacciati” per appartamenti.
La suggestione è stata “choccante” per tutti, noi militanti compresi. Salvo poi risultare che, complessivamente, tutta la famiglia Di Pietro è proprietaria di 10 case, tra le quali, ben 5 di proprietà esclusiva della moglie Di Pietro (che appartiene ad una agiata famiglia di liberi professionisti essendo anch’essa avvocato), una azienda agricola a Montenero di Bisaccia derivante dall’eredità paterna e solo una proprietà per ciascuno dei 3 figli.
Che idea vi siete fatti della gestione di Idv a livello nazionale?
In tanti hanno storto il naso per la gestione del partito. E’ questo il lato “oscuro” che lo choc dell’inchiesta di Report ha messo a nudo. Numerosi amministratori, spesso ingordi, talora incapaci, molte volte infedeli o inaffidabili sul piano politico. I tanti casi Maruccio (credo ne scoppieranno in varie parti d’Italia sulla gestione dei fondi regionali), al netto di quelle che saranno gli effettivi sviluppi giudiziari, mostrano che il partito era in profonda sofferenza, sebbene in pochi ne percepissero la gravità. E così gli organismi del partito, anche a livello locale, si sono talora trasformati in “segrete stanze” dove, di fatto, tanti provavano a far carriera con un obiettivo unico: finire in Parlamento grazie al Porcellum. Così spesso gli idealisti o le persone più generose si sono allontanate dal partito.
Da militante che idea ti sei fatto?
Per me lo choc sarà salutare, a condizione che tutti, in primis Di Pietro, affrontino i problemi di petto e senza paura, altrimenti meglio “chiudere bottega”. Abbiamo la possibilità di rinnovarci realmente, tagliare i rami secchi, gli incapaci e i vecchi “baroni” delle tessere. Dobbiamo ripartire di slancio, per prima cosa lanciando una grande campagna sui valori e sulle idee progressiste, democratiche e di giustizia sociale che mancano in questo Paese da troppo tempo. Dobbiamo avere il coraggio di cogliere le sfide positive del “grillismo”: selezionare i candidati delle prossime elezioni attraverso un meccanismo aperto, trasparente e democratico che si chiama primarie, anche on line. E contestualmente, imporre anche un limite al numero di mandati complessivi all’interno delle istituzioni. Successivamente occorre riscrivere gli statuti (veramente deficitari sotto vari profili) e andare immediatamente a rinnovare tutti gli organi del partito.